Monday, July 31, 2006

LA MONTANARA


Visto il caldo africano che non ha nessuna intenzione di lasciare il posto ad un clima temperato, ho deciso di passare il week-end ad Up State NY, la “montagna” dei newyorkesi, tanto per dare qualche chance in più ai neuroni. Montagna, beh, si fa’ per dire, il posto e’ più simile ad una zona collinosa che altro, ad ogni modo devo ammettere che la temperatura era più accettabile rispetto all’inceneritore cittadino.
In pratica, una volta saliti a nord verso il Canada a circa due ore da NYC, ci si trova in una zona cespugliosa, con delle gran distese di boschi cosparse di casupole che chiamano “mansion” e in realtà assomigliano più alla casa dei sette nani che ad una villa di campagna. Innanzitutto sono tutte di legno, che voglio dire, basta che un pirla qualunque butti lì con non-chalance un cerino acceso e si ritrovano con un bel mucchietto di cenere da spargere al vento, poi c’e questa cosa della “proprietà aperta”. Si’, e’ vero che vige la legge del taglione e chi mette il piede sulla proprietà altrui può tranquillamente essere preso a luparate, e’ un diritto, ma, insomma un paio di cancelli in ferro battuto potrebbero anche metterli, tanto per evitare di abbattere l’ubriaco di turno che barcollando verso casa, taglia in diagonale il praticello, fatto di zolle d’erba artificiale, del vicino.
I fiori finti al davanzale sono un must, un’originale soluzione grafica da mostrare con orgoglio che farà scaturire nuovi spunti di riflessione.
Ogni tanto si intravedono delle mandrie di vacche pezzate al pascolo e caprette che sorridono ai monti ma l’aspetto più interessante si e’ rivelato quando ho scoperto che nella zona si e’ insediata una tra le piu' ampie comunità di teutoni, i mangiatori di patate e crauti, stabilitasi anni e anni or sono, probabilmente perché in preda ad un attacco di nostalgia e alla ricerca della foresta nera.
Ma veniamo alla grande serata del sabato sera, il ritrovo e’ alla birreria Brauhaus, una specie di baita cadorigna, dove all’interno una band di sfigati addobbata con salopette corte in pelle di daino e calzettoni lunghi con pom-pom, intrattiene una torma di matusa scatenati che si infiammano al ritmo della polka e del valzer. L’apogeo della serata: il “Ballo del Qua Qua”, divinamente capeggiato da una cariatide avvizzita col cappello da gallo cedrone che battendo le mani diacronicamente, tentava, con risulatai scoraggianti, di guidare il drappello di adepti presenti sulla pista in preda a delirio tremens e vuoti di memoria.
Una gentile matrona di 180 chili con le trecce e perfettamente allestita con il costume bavarese, serviva dei gran boccali di birra ai tavoli, ornati di tovagliette a scacchi bianchi e rossi. Deutschland, Deutschland Volks-Partei!

Friday, July 28, 2006

IL PARTY SILENZIOSO


Ssssssssssssssss! Silenzio! E’ vietato parlare, questo e’ un party!
Dunque, ieri sera ho seguito un gruppo di amici locali, dei newyorkesi doc, eternamente annoiati dall’ordinario e incessantemente a caccia di cose originali da fare, con i quali sono approdata ad uno scatenato party, in zona Soho.
Il tema della serata era il silenzio.

Sì avete capito bene, una vera celebrazione del silenzio in termini quasi assoluti, praticamente una festa per sordo-muti e celebro lesi, il cui divertimento consisteva nel tapparsi la bocca e comunicare esclusivamente tramite messaggi scritti su dei foglietti di carta, gentilmente messi a disposizione dall’organizzazione e come unica trasgressione: bisbigliare al barman l’ordinazione per un drink e allungargli un mazzetto di verdoni, mentre ti annacqua per bene, con una cascata di cubetti di ghiaccio, il gin tonic.
Arrivati a destinazione, in un locale dal nome eloquente, Madame X, due tipi loschissimi ci dicono che il tripudio e’ al secondo piano. Saliamo un’ oscura scaletta, in cima alla quale una porta ci divide dalla gazzarra. Una volta dentro, ci ritroviamo catapultati in un atmosfera surreale, un misto tra una biblioteca pubblica e un bordello anni ’50 con ampio sfoggio di velluti rossi, drappi leopardati, specchi e polverosi tappeti persiani made in China, dove dei frastornati ospiti si muovono come in un acquario.

Delle gran facce da becchino si aggiravano fra i tavoli consegnando messaggini a domicilio. Tra di loro “i tiratori scelti”, armati del fascino di Nino D’Angelo in vacanza a Eraclea mare, in ricognizione permanente, a caccia di giovani donne sull’orlo di una crisi di nervi dalla prolungata astinenza con cui finire la serata. Maestri del riporto, celavano la calvizie con una complicatissima tecnica mutuata dall’origami, sfoggiando abiti dal taglio sartoriale, vistosamente confezionati a Calcutta.
Tra le fila femminili, pure loro in battuta selvaggia, i soggetti più svariati. Da Ave Ninchi con la parrucca di Tina Turner a Cristina Aguillera versione manga, con gambe a ferro di cavallo innestate su caviglie in stile tronchetto della felicità, sapientemente valorizzate da un paio di ballerine con stampa a fumetti.
Una sferzata di allegria ha irrotto nella stanza, quando due giapponesi in trasferta, con l’aria di chi e’ capitato lì per uno scherzo del destino, si sono messe a riflettere a pieni polmoni sul logorio della vita diurna delle falene. Subito richiamate all’ordine, hanno assunto la tipica espressione del bue, nell’attimo prima di essere macellato.
Un tocco di classe alla serata lo ha dato una brunetta con l’aria di uno struzzo, che aspirava il suo drink dalla cannuccia emettendo una gamma di suoni molto varia, che andava dal gorgoglio di un lavandino intasato a quello di una grondaia sfondata dalla ruggine, passando per lo scroscio di uno sciacquone.
Nell’insieme uno spettacolo alquanto deprimente.

Tuesday, July 25, 2006

AUTO SPONSORIZZATE


Eh, beh, quando si parla di business nessuno batte il popolo americano, sempre a caccia di un modo per far soldi e spenderli subito dopo ai grandi magazzini. La competizione e’ aperta e il modo per fregarti lo trovano sempre.
Anche qui, il prezzo della benzina e’ in costante impennata tanto e’ vero che in un prossimo futuro verrà distribuita la Smart, l’auto giocattolo per i nani del circo, che andrà a sostituire le mastodontiche auto con 5000 di cilindrata, perennemente assetate di benzina verde. Nonostante tutti gli sforzi compiuti da Bush per accaparrarsi il prezioso liquame nero, riempire il serbatoio e’ diventato un problema. Allora che si fa’? Paga la pubblicita’, naturalmente.

, Ebbene sì, oggi e’ possibile tempestare la propria auto con le affissioni pubblicitarie e ottenere in cambio un po’ di buoni per la benzina. Si viaggia sponsorizzati come nelle migliori gare automobilistiche, magari indossando la polo Ralph Lauren con l’inconfondibile giocatore di polo o una bella t-shirt griffata Calvin Klein con il marchio stampato a caratteri cubitali anche sulle cuciture, tanto per restare in tema

Monday, July 24, 2006

SAN FRANCISCO


Bah, non saprei…yep…ma sì, sì la città della grande illusione e’ una bella città. Certo che si e’ dovuta adeguare alla struttura delle organizzazioni moderne, passando per l’amministrazione Reagan e quella della famiglia Bush; del concetto della società alternativa non se n’e’fatto più niente. Gli hippy che ricamavano fiori colorati sui jeans, appollaiati sulle spiagge e si abbandonavano al culto dell’orgasmo multiplo, dopo essersi fumati una quercia secolare, si sono sbarazzati della barba, le collane di fiori, dei sandali indiani e si sono accaparrati le posizioni migliori nelle grandi corporation, in barba al grande ideale di cambiare il mondo. Il tempo libero lo passano dallo psicanalista e a scolarsi delle gran bottiglie di gin. C’est la vie! Al Rinascimento segue sempre una fase di rigidità durante la quale le libertà ottenute si perdono e anziché un bel paio di alette bianche ci si ritrova con una pesante palla al piede. Poi, e’ arrivato Terminator, noto anabolizzato hollywoodiano e assiduo frequentatore di festini con ricchi premi in cocaina e orge oltre ogni limite, con il suo piano per raddrizzare lo stato e mettere al bando tutte le “femminucce”, magari riaprire le porte di Alcatraz ai cattivi e tenere a dieta gli squali che infestano la baia, non si sa mai, qualcuno volesse farsi una nuotatina e andarsene alla chetichella.
Ad ogni modo non mi sono persa il concerto dei leoni di mare sul molo 22, gran bella performance, un crescendo di ululati che mi ha colta di sorpresa e ho scambiato per gli acuti di Ramazzotti, e la gita sul cable, rischiando di essere sbalzata fuori da un orda di turisti che in preda ad un raptus fotografico scattavano foto all’impazzata all’asfalto.

Wednesday, July 19, 2006

PICCOLI FUOCHI


Serata movimentata, nel quartiere. La calura ieri sera era semplicemente bestiale ma animata da uno spirito d’avventura esotica, ho deciso di lasciare la frescura del mio appartamento, dove il condizionatore, ronzando come un motoscafo off-shore, era in grado di mantenere una temperatura sui 25°C e un costante mal di testa, per affrontare la cappa immobile e pesante che incombeva sulla città, e inoltrarmi nella savana urbana per una misera coppetta di gelato con gli amici. Ero appena scesa di casa quando, noto una colonna di fumo grigio che si alza proprio dietro l’angolo e penso – vuoi vedere che si son dimenticati un altro cane nella gabbietta sotto il getto del phon?


Al fumo denso si aggiungeva anche uno strano rumore, come di fuochi d’artificio al rush finale. Mentre mi ponevo tutta una serie di intelligentissime domande, scopro che la fonte sonora e il generatore di fumo sono la stessa cosa: una centralina elettrica sistemata nel sottosuolo ha preso fuoco per sovraccarico e per la temperatura elevata e lancia delle gran fiammate scoppiettanti in mezzo alla strada, mentre una folla di curiosi, dall’eccesso di acume, e’ accorsa tutt’intorno come se dovessero partecipare ad una danza tribale. Nel frattempo il primo camion dei pompieri arriva e scende uno squadrone che allontana la folla di geni e transenna la zona. Io procedo, cercando di levarmi di torno il più velocemente possibile, dal momento che proprio adiacenti alla centralina elettrica, passano anche i tubi del gas, così mi viene il sospetto che sia meglio darsela a gambe levate e lasciare ai pompieri la parte degli eroi.

Ci avviamo, quindi, con passo accelerato, verso la gelateria, che si trova ad una distanza di sicurezza accettabile ma non esente del calo di potenza che si sta verificando: i semafori cominciano a spegnersi uno dopo l’altro e la linea della metropolitana si paralizza. In gelateria l’aria condizionata si e’ spenta e l’atmosfera e’ rovente come quella di un forno dove il tacchino si sta rosolando.
Le coppette di gelato si sciolgono all’istante, trasformandosi in appiccicosi frappé. Quando mi riavvicino alla zona “grill on the road”, i pompieri sono ancora lì ma nella posizione di riposo del cavallo. C’e’ ancora qualche segnale di fumo ma poca cosa, come se qualcuno si stesse fumando un avana puzzolente. Penso – perfetto! Me ne posso tornare a casa a coltivare il mal di testa – e in quel momento così pieno di significato…puff, un ritorno di fiamma, scintille da tutte le parti, un getto di fuoco fuoriesce dal tombino con una violenza tale che i pompieri vengono brutalmente strappati dalle braccia di Morfeo e si rimettono al lavoro. I getti di scintille, come fiamme ossidriche, si notano anche da lontano e un fumo denso e acre avvolge il quartiere mentre una serie di fulmini cominciano a scaricarsi nel nero della notte.
La città assume i toni apocalittici dei film catastrofici. Era esattamente quello che ci voleva, una bella cascatella d’acqua sopra un corto circuito di dimensioni epiche.
Come in tutti i film hollywoodiani, gli eroi vengono messi a dura prova ma alla fine ce la fanno. I prodi pompieri, paladini dell’ordine, domano le fiamme e lasciando sull’asfalto i resti di schiumogeni vari si ritirano nella quiete dopo la tempesta regalandoci un lieto fine.
Dalla ceneri del tombino vi saluto e vi do' appuntamento tra qualche giorno. Sì, sono in partenza, mi assento per un breve periodo. Il Golden Gate mi attende.
Risponderò ai vostri commenti, naturalmente.
Le foto sono gentilmente offerte da un mio amico fotografo che e’ sempre dotato della sua macchina fotografica.

Monday, July 17, 2006

IRONIA


"Temere l'ironia, è temere la ragione" (S. Guitry)

Cos’e’ che fa ridere al giorno d’oggi? Le papere di Luca Giurato su Uno Mattina? La satira irriverente di Striscia la Notizia? O la faccia di Emilio Fede?
Il fatto e’ che ognuno di noi ha gusti diversi e una risposta alla risata che varia a seconda della cultura e il proprio termometro interno all’ironia. La buona notizia e’ che, secondo il rapporto stilato dall’Istituto Baycrest per le cure geriatriche, la senilità non inficia la risposta emozionale allo humor e mi permetto di aggiungere aiuta a mantenere la pelle del viso elastica grazie alla stimolazione dei muscoli facciali da parte di una fragorosa risata, per cui perché ingrossare il conto in banca degli amati chirurghi plastici? Risate a crepapelle e buon umore.
Sta di fatto che l’ironia porta sollievo, allenta la tensione, e’ liberatoria e allo stesso tempo può colpire duramente fino ad offendere. Insomma, l’ironia e’ una cosa seria ed e’ una tragedia sapere che in molti non la ritengono tale. Può essere un toccasana o un’arma brutale. Certo far ridere non e’ semplice. Non e’ come farsi un caffé e una brioche. C’e’ da lavorare. Individuare l’argomento, cercare il paradosso, destreggiarsi tra i 134.000 vocaboli della lingua italiana e sollevare lo spirito creando un' immagine dai toni faceti.
Mi sono sempre chiesta come sarebbe la vita di un essere umano se dall’oggi al domani l’ironia sparisse dalla gamma di emozioni e non rimanessero che sentimenti di tristezza, nostalgia o ancor peggio indifferenza.
Voi che cosa ne pensate?

Friday, July 14, 2006

TUTTI AL MARE


Parata di mappamondi flaccidi e cellulitici, addomi adiposi corredati di salvagente naturale, coltivato con cura da anni di pasti da McDonald’s, Subway, Sbarro e KFC, pelle dal colore violetto, esposta al buco nell’ozono quando il sole e’ allo zenith e soggetti dal fare grottesco che cercano tesori con il metaldetector, mentre la troupe di Baywatch scorazza sulla Jeep e richiama all’ordine tutti gli scalmanati che, animati da un incontenibile desiderio di eroismo, stanno facendo il bagno in una zona che e’ stata dichiarata esente del servizio di salvataggio e sulla quale vige un severissimo divieto di balneazione.

Signori questa e’ Jones Beach, meta dei pendolari da spiaggia che dalla City raggiungono, via autostrada con coda assicurata durante tutto l’arco della giornata, questo paradiso naturale guarnito da quasi 11 chilometri di spiaggia dalla sabbia chiara e che si affaccia sull’oceano Atlantico, le cui acque sono semplicemente …glaciali.

























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Wednesday, July 12, 2006

CONCERTI SOTTO LE STELLE


Qui la faccenda dell’afa non molla. Il problema e’ all’esterno. Negli interni si sopravvive con i condizionatori che sbuffano folate gelate e mandano in circolo aria viziata, nella quale un manipolo di parassiti cerca un posto dove proliferare. Una volta fuori, con il sistema immunitario minato, ci si ritrova in una sauna oscura. Certo che un po’ di ossigeno, seppur contaminato dall’ inquinamento brutale e inarrestabile, bisogna pur respirarlo. Tra la rosa di opzioni, si scelgono, obbligatoriamente, quelle in riva al fiume, sperando in una qualche brezza liberatoria. L’altra sera mi trovavo al North Cove, il porto turistico con vista sull’Hudson River, dove schiere di giovani rampanti, con la pelle asfittica e gli occhi iniettati di sangue, si ritrovano per stroncarsi di birra al South West NY, dopo la solita giornata di sfruttamento senza ritegno attuata dal datore di lavoro, sempre alla ricerca di carne fresca da sottopagare. Bene, mentre ero lì che mi facevo un sandwich light con pomodoro e avocado e mi godevo un alito di vento, seduta vicino alla grande fontana, che, viste le temperature, e’ stata prosciugata e chiusa, vedo una folla che si raduna attorno al palco estivo e scopro che c’e una banda di giapponesi pronta ad esibirsi: le Puffy Amiyumi.



Già il nome mi ricorda un fumetto e, infatti, dal momento che in Giappone sono diventate famosissime cantando della robaccia J-pop con innesti punkettoni per teen-ager brufolosi, hanno creato un cartoon che racconta la loro storia.
Dunque, mi trovo lì e questi tizi si mettono a suonare e non rimango certamente colpita da loro sound, poi qualcuno mi dice che hanno collaborato con Jon Spencer dei Blues Explosion, allora tiro le orecchie e cerco di capire perché un tipo come Jon Spencer si sia scomodato e continuo a non capire. Avanzo di qualche centimetro per sbirciare un po’ più da vicino e arriva subito la donna-cerbero che digrignando i canini famelici mi latra qualcosa del tipo - e’ vietato stare qui. Ora, dal momento che si trattava di una piccola folla, quasi un’ audience di conoscenti, e intorno a me c’erano altre dieci persone stipate sulla stessa mattonella, rimane ignoto il perché proprio la punta del mio sandalo, a suo avviso, invadesse un immaginario ponte gettato a mo’ di Via Lattea tra Occidente e Oriente per un’ipotetica via di fuga, in caso di attacco degli alieni. Bah!

Il momento più controverso e’ arrivato quando ho cercato di fare qualche foto e una sagoma con la faccia da banana mi istruisce, con fare dispotico, sul fatto che non si può fotografare la band. Ma che razza di divieto e’ questo? Ami e Yumi hanno paura che il flash gli faccia colare il trucco? Ma vi siete montati la testa col frullatore? Ma voglio dire, stiamo parlando di una band di sfigati che suona all’aperto con due fumettistiche front-girl vestite da straccione che indossano stivali allacciati da borchie uncinate, mentre il tasso di umidità ricorda tanto quello della foresta amazzonica, e strillano pezzi dello Zecchino d’Oro made in Japan tirando stecche a destra e a manca.
Ora, ho capito che hanno una collaborazione con Jon Spenser alle spalle ma c’e’ tanta gente in giro che fa’ musica per davvero disponibile anche per foto-ricordo con autografo.
Beh, godetevi le foto!

Tuesday, July 11, 2006

ORSETTI HORROR


Oggi, animata da una cospicua sindrome di Peter Pan, vi voglio presentare la versione del famoso Teddy Bear per serial killer. Il Teddy Scares e’ un giocattolo studiato a posta per sviluppare nel bambino idee deliranti e stati maniacali e forgiare una personalità vendicativa ed offensiva, in pratica minando la sua crescita normale. Il Teddy Bear assassino e’ il compagno ideale per un addestramento completo ed efficace che porterà il futuro omicida ad un livello superiore di crudeltà e malvagita'.

Sarà quindi facile, esaurita la fase di training, scegliere le vittime e destreggiarsi fra le varie fasi dell’azione criminale.
La serie Teddy Scares e’ variegata e propone orsetti adatti a qualunque filone omicida si voglia seguire. L’orsetto horror e’ corredato di certificato di morte e breve, terrificante biografia.
Per sgombrare il terreno da eventuali incertezze residue, date un’occhiata al sito web: www.teddyscares.com

, ma restateci poco, la musica e’ inquietante

Sunday, July 09, 2006

SEQUESTRI A SORPRESA

Drin, drin,DRIIIIIIIINNNNNNNNNNNN!
Ci risiamo, uomo bloccato in ascensore. Da qualche giorno capita sempre più spesso, zac, le porte si chiudono e intrappolano qualcuno dentro, gente presa a caso, senza avvertimento, ne’ presagi. Impiegati che rientrano a casa a pezzi, vecchie col carrello della spesa, l’inquietante personaggio del sesto piano con le orecchie di Niki Lauda, insomma nessuno sa chi sarà il prossimo.
L’altra notte mentre ero immersa in uno stato di sonno profondo, corollato da un incredibile sogno in cui Mike Bongiorno e Rosy Bindi stavano insieme e passavano notti elettrizzanti in una tenda canadese in cima al Cervino, mentre Fiorello rumoreggiava una serenata, accompagnandosi con la cornamusa, e già l’antefatto ve la dice lunga sul tipo di giornata che avevo trascorso, quando un simpatico burlone nottambulo ha pensato bene di finire incastrato all’interno dell’ascensore-assassino nel mezzo della notte e di attaccarsi all’allarme in preda ad un attacco di panico. Convinta che fosse la cornamusa di Fiorello che suonava all’impazzata, in un momento di estasi della coppia, non c’ ho fatto caso ma dopo un po’ di questo delirio musicale mi sono ricordata degli ostaggi dell’ascensore e sono andata a dare un' occhiata. Un tipo in canottiera e pantofole si era già lanciato in un disperato salvataggio e aveva estratto il malcapitato in preda ad un delirio di scrittura creativa mentre buttava giù di getto il suo testamento, nel quale affermava di voler lasciare tutto all’Istituto per la Ricerca e lo Studio intorno all’Esistenza del Dodo.
Barcollando e semirintronata come se un elefante mi avesse frustato la nuca con la proboscide, me ne sono tornata a dormire. L’indomani…,drin, drin, drin…,altro sequestro

Friday, July 07, 2006

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO


AAA.affittasi appartamento a New York City

Se avete progettato una vacanza a New York e preferite affittare un appartamento anziché andare in hotel, evitando di pagare le fameliche tasse di soggiorno, date un’occhiata a questo studio. Si trova in uno dei quartieri eleganti di New York City sulla 71ma, tra Madison Avenue e Fifth Avenue a un minuto da Central Park, che in questo periodo e’ fantastico e offre una serie di attrazioni gratis, come concerti, spettacoli di danza e piece teatrali all’aria aperta.

L’edificio, e’ dotato di ascensore e l’appartamento e’ al quinto e ultimo piano con scorcio su Central Park. Si tratta di un monolocale con bagno e kitchenette con micro onde, dotato di aria condizionata, frigo e Tv
La stazione della metropolitana e’ sulla 68ma e la Lexington, a 5 minuti a piedi, mentre la fermata dell’autobus e’ all’angolo con Fifth av.( Bus: M1/2/3/4/71).
La zona e’ particolarmente tranquilla e sicura e sede dei più famosi musei: Guggenheim, Metrropolitan, Witney, Frick Collection e Asia Society. Madison Av. e’ la strada rinomata per le sue boutique e sulla Lexington vi sono suggestivi ristoranti.
E’ possibile affittarlo fino a metà settembre con un soggiorno minimo di 3 notti.
Il prezzo e’ di $175 per notte.
Se siete interessati, scrivete a : seventyfirstandmadison@yahoo.com







































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Wednesday, July 05, 2006

PIOGGIA SPORCA


Piove. Eccome se piove. Straripa, inonda, fluidifica tutto. Gocciola anche in metropolitana. Infiltrazioni, sembra. Non riescono a fermarle. Bisognerebbe chiudere la baracca e rifarla da capo, invece si limitano a transennare la zona e vietare il transito per circoscrivere il numero di femori rotti.
Quando piove, poi, iniziano i problemi con i dispositivi di segnalazione elettrici della rete metropolitana e così sei bello che fritto. Il gentile tranviere e’ stato perentorio questa mattina, dopo venti minuti di attesa ad una stazione della metropolitana:
- Prendete un altro treno, please. Siamo incastrati.
Più che un annuncio, aveva i toni di una supplica. Evvabe’, prendiamo un altro treno, tanto vale, ritardo su ritardo. Dal momento che ero diretta all’Upper East Side, ho fatto il giro della città, tra un cambio e l’altro, la ressa oltraggiosa a Grand Central, l’ombrello che non si apriva, incastrato, pure quello.
Quando piove in campagna, e’ tutto così romantico. Puoi andartene in giro con un bel poncho plastificato in stile Igor e gli stivali di gomma stampa Picasso del periodo blue, cincischiare in cerca di funghi, tenendo i piedi comodamente infilati nelle sabbie mobili del fango appiccicoso. Decisamente rilassante.
In città, invece, la scena cambia. In qualunque posto si debba andare, c’e’ la sicurezza di arrivare in condizioni pietose. Le scarpe, per esempio, sono il primo accessorio che subisce conseguenze disastrose. Il mio bel paio di sandali avant-gard, si e' ridotto ad un insignificante mucchietto di pelle fradicia e scolorita, privato anche delle decorazioni che lo faceva così glamour mentre le dita, alla mercè della melma cittadina, hanno assunto l'aspetto di quelle di uno spazzacamino. I capelli, poi,…umm…in questi frangenti sarebbe meglio non averli. In pratica assumi quell’aspetto da setter inglese che si e’ lanciato nello stagno per recuperare il bastone.
Tempo fa, poi, avevo letto un articolo che parlava di un posto assolutamente incredibile e imperdibile dove andare a mangiare, un posto che vantava di servire cibo, così detto, guilt-free, ossia privo del diabolico olio da frittura che lacera il fegato al primo boccone. Il giornalista, con molta cura, si era preso la briga di raccontare come queste personcine a modo fanno uso di un certo olio, chiamato Optimax privo di grassi saturi che frigge senza ungere e lascia i cibi talmente sgrassati che sembrano essere stati cucinati nel forno, aggiungendo, sardonicamente, che passavano a pieni voti la prova tovagliolo, che pur se passato e ripassato su una porzione di french fries, restava immacolato.
Ora, io so per certo che esiste una deontologia professionale da seguire, escludendo Vespa, per la quale un giornalista deve attenersi strettamente ai fatti senza raccontare delle bufale solo perché il gestore gli ha promesso un paio di hamburger gratis.
Dal momento che sono le dieci di sera e ho irrorato il veggie burger che ho mangiato a pranzo, con ben due canarini, una tazza di camomilla e un tè verde, non mi capacito del fatto che il veggie non ne voglia sapere di essere digerito e stia ancora prendendo a pugni le pareti del mio stomaco con i guantoni di Mike Tyson.

Tuesday, July 04, 2006

MIRACOLO SULLA QUARANTADUESIMA


Faccio colazione alla “Bread Factory”, un posto dove regna il buon umore. Appena mi affaccio al bancone per ordinare, vengo accolta da una ragazza dalla simpatia irresistibile, simile a quella emanata da un Grizly che si e’ svegliato con dolori addominali, seguiti da scariche di diarrea. La signorina, alla mia richiesta di un caffé, mi risponde con un grugnito. Mentre attendo il suo ritorno, mi accorgo che hanno appena sfornato dei biscotti alla cannella e, bando alle diete e alla prova bikini, mi lascio abbindolare dalle richieste della mia gola e ne ordino due. L’affabile garzona di bottega, che mi ha appena sbattuto il caffé gocciolante vicino alla cassa, la mette sul piano personale tanto da perdere la calma e sbuffare emettendo dei gorgoglii che ricordano lo scarico di un lavandino intasato.
Mi siedo ad uno dei tavoli che non vedono una spugna dal giorno in cui il generale Schwarzkopf si e’ ritirato a vita privata.
Facce che entrano e poi escono, si susseguono, mentre penso che starei molto meglio distesa su una sedia a sdraio in riva al mare a leggere “Le Avventure di Robinson Crusoe”.
Devo andare ad un appuntamento in zona Times Square, un’area dove la concentrazione degli impediti e’ direttamente proporzionale all’altezza dei grattacieli e il tasso di congestione e’ simile a quello di un pellegrinaggio alla Mecca.
Cammino e, come ogni tanto mi capita, mi sembra di intravedere delle facce amiche tra la folla.
- Toh, ma guarda quello, ma… non e’mica… Max? Sì, sì la stessa pelata e gli occhialetti…, sembra proprio lui.
In realtà si tratta di pure allucinazioni poiché e’ quasi impossibile incontrarsi per caso vivendo nella stessa città, figuriamoci se incontro qualcuno che abita dall’altra parte dell’oceano.
Continuo a camminare mentre un cumulo di umanità mi sommerge con le sue facce schizzo-melanconiche, funeral-serio, adombrate-sexy. Gente con culi pachidermici che arranca sotto le mazzate dell’afa e tipi nervosi dal fare faceto. Un vortice colorato e rumoroso mi avvolge quando qualcuno mi ferma, afferrandomi per un braccio. Sono già pronta a spruzzargli in faccia una bomboletta di lacca per capelli e ad estrarre un ferro da calza dalla borsetta ma...
- Ehy, aspetta un momento…ma io …io ti conosco, ma…sei tu? E’…pazzesco! Non ci posso credere.
Questa dev’essere una giornata memorabile, - gli dico.
Sotto un cappello beige c’era Roberto, l’amico di tanti bagordi di cui avevo perso le tracce da un periodo di tempo che potrei definire tendente all’infinito.
Nemmeno gli amici più fidati e sedentari avevano saputo darmi notizie. Sembrava sparito dalla faccia della terra e invece…eccolo qui a NYC, la città che non dorme mai.

Sunday, July 02, 2006

A CENA CON GLI AMICI


E’ sabato sera, si va a cena fuori. Gli amici, praticamente uno, gli altri vanno al traino, gente comune che ho incontrato anni fa’ ad una cena di Natale con bufera incorporata. Forse qualche altro, mai conosciuto, mai visto prima. Si vedrà. Qui la gente tira dei pacchi sensazionali. Qualcuno ha prenotato, sembra, in un locale dell’East Village. Appureremo. Quando arriviamo al luogo designato, non c’e’ ancora nessuno e il locale scelto non esiste più, chiuso, sbarrato. E’ facile dedurre, a questo punto, che nessuno aveva prenotato. Dopo un po’, gli altri componenti della serata cominciano ad arrivare. La simpatica donzella che aveva segnalato il locale e mentito sulla prenotazione, sghignazza come una gallina a cui hanno rubato la covata, dimostrando tutta la sua sagacia. Bene, adesso viene il bello, dove si va?
Un tizio con lo sguardo da spia del KGB propone un’alternativa. Lo seguiamo. Il menù non esalta ma, ehy, non e’ nemmeno uno dei peggiori che ho visto.
Comincia il colloquio. Si parla del più e del meno. Scopro che la tipa che avevo conosciuto il giorno delle bufera e’ accompagnata da uno pseudo fidanzato. Un sorcino bassetto con la pelle scura, maschio latino e sposato, praticamente squattrinato ma la consorte e’ un’ereditiera e gli passa il necessario per un’esistenza dignitosa, mentre lui se la spassa.
Sembra che abbia avuto qualche problema con i denti posticci e siano miseramente franati sul lavandino, al mattino, mentre li spazzolava con Jason, pasta dentifricia naturale, biologica, senza fluoro, al te’ verde. Una vera sciagura e proprio di sabato. Lei, invece, l’amante, i denti ce li ha tutti ancora in bocca. Ha mollato tutto e si e’ rimessa a studiare. Vuole fare l’arredatrice d’interni. Speriamo che il suo abbigliamento non sia una prova del suo buon gusto!
Si parla del più e del meno ma soprattutto di chi fa’ un sacco di soldi. Poi qualcuno butta lì “ Superman”, di prossima uscita. E’ uno spilungone con gli occhiali e una barbetta caprina rossiccia, noiosissimo, candidato ideale per le olimpiadi della pirlaggine. Durante tutta la serata ha buttato lì delle frasi senza senso sulle quali appoggiava ammiccanti sorrisi che lo rendevano ancora più ridicolo.
Ogni tanto il cameriere arriva per accertarsi che tutto sia a posto.
Tale Jane parla delle mutande di Victoria’s Secret, descrivendole come un peccato a cui non ci si può sottrarre. Ah, già, le mutande. Argomento interessante. Io uso quelle di carta. Sono molto più igieniche.
E’ arrivato il momento del caffé e naturalmente…la macchina per l’espresso e’ in manutenzione, per cui ordino la brodaglia scura e confido nella correzione al latte per renderla accettabile.
Sì, con il latte e’ quasi bevibile. Gli leva quell’amarognolo di erbe di campo bruciate.
Eccoci in strada a stringerci le mani.
Lo sdentato ci fa’ un bel sorriso, poi saluta, coprendosi la bocca con una mano.
Ciao a tutti, e’ stato un piacere.