SERENDIPITY
Certo che il cinema ti da’ la percezione della realtà che e’ tutto un programma. Prendete Serendipity, per esempio, in cui la scena più romantica e’ quella della cioccolata nell’omonimo bar. Lui che fa’ gli occhioni da cerbiatto astigmatico e la guarda come se avesse notato Lazzaro alzarsi e camminare dietro il bancone, l’ambiente che rintrona l’immaginario al suon di uppercut emotivi, la musica e… l’astuzia imperscrutabile dello sceneggiatore ne fanno un’utopia realizzata con il sostegno di Andy Wharol, in tempi non sospetti, e le dichiarazioni evangeliche di Oprah Winfrey: “Quando trovi qualcosa di così buono, bisogna condividerlo”.
Tanto per cominciare John Cusack non era seduto ad aspettarmi, al suo posto ho trovato due imponenti matrone con il fisico di una pera Williams e la capigliatura malandrina della Pivetti che si ingozzavano di panini accompagnandoli con una coppa, delle dimensioni di un’acquasantiera, di “Serendipitous Hot Chocolate” guarnita con chili di panna montata in bomboletta spray e cannella. Poi, l’ambiente mi e’ sembrato decisamente alieno. Pesanti tracce di kitsch nascondevano l’inganno diramato da Hollywood. Tanto per dire, ho rischiato di inciampare sul mezzo busto di una Dea greca con il naso di Gad Lerner. Il fatto, poi, che appena si entra c’e’il reparto gadgettistica, ha fatto svanire completamente ogni attesa di romanticismo e suggestione, voglio dire, dover passare attraverso una galleria di bombolette spray e candele con l’effige di un Buddha, con l’espressione eloquente di chi ha passato la notte in un coffee shop ad Amsterdam, che esortano al risveglio della spiritualità, magliette sponsorizzate e burro cacao al sapore di cioccolato, non e’ che ha soddisfatto il mio senso estetico. Se andavo a Chinatown, provavo le stesse esileranti emozioni senza spendere un cent.
A questo punto mi aspettavo qualcosa di veramente efficace per soddisfare la sfrenata bramosia delle papille gustative, invece assieme al cameriere dal sorriso innescato, impeccabile nella sua livrea da animatore turistico, e’ arrivato un menù che aveva molto dell’ordinario. Uno stillicidio di piatti comuni, fatta eccezione per l’omolette con funghi al curry e quella con il caviale che poi, voglio dire, sempre di uova si tratta, no? Per il resto, i soliti hamburger che trasudano salse transgeniche, la pasta che non può mancare e naviga nell’acqua di cottura assieme a polpette, gamberi ed elementi estranei al pianeta terra.
Insomma, quello di cui non mi capacito e’ che ci sono delle aspettative. Non e’ che puoi servire la pasta con la colata di formaggio di plastilina di Sbarro e sperare di farmi sognare solo perché ho una farfalla Tiffany di zinco e piombo che oscilla pericolosamente sopra la mia testa e un paio di grotteschi pupazzi pendono dal soffitto. E che fine ha fatto il plus valore? L’elemento differenziale?
Mentre mi chiedo come mai tutti pasteggiano accompagnando le portate con coppe di cioccolata giganti, il cameriere, sempre con sorriso autoimpostato da un corso online, si avvicina alle due matrone, che hanno divorato avidamente le pietanze fino a questo momento ed esordisce con:
-Un dessert?
Ma questa e’ istigazione all’obesità’ o…forse e’ anche peggio, e’un reato più grave: tentato omicidio, con l’aggravante che la spesa minima per sedersi e ordinare qualcosa e’ di $8,50 escluse mance e tasse. Questi sono sicari professionisti. Si tratta probabilmente di un’associazione a delinquere legalizzata dalla fama.
Un ossequio al romanticismo e alle leggende metropolitane.
4 Comments:
Nikita,
ma è proprio così difficile mangiare cose normali negli USA?
paolo: no, no, non fraintendermi. Ci sono posti dove si mangia divinamente. Il mio disappunto e' legato al fatto che, nel caso in questione, si tratta di un ristorante molto acclamato e che non offre niente di speciale.
Se si vuole gustare la cioccolata nel modo giusto bisogna andare al Caffe` Florian di Venezia (mica da "Serendipity" !), e` li che l'anno inventata circa 300 anni fa.
Quanto ai posti dove si mangia "divinamente" qui a New York (vedi risposta al primo commento), per favore fammi sapere dove sono, perche` io non li ho ancora trovati. "Decentemente" o anche "discretamente" , va beh, si, ma per il 'divinamente" bisogna andare in Veneto; o in Toscana; o in Emilia; o in Lombardia; o in Provenza; o in Spagna; o in ...
roberto: la prossima volta che mi trovo da quelle parti, ci faro' un salto. Sono sempre perplessa dal listino prezzi del Florian.
Ristoranti a New York, dunque, se ami la cucina giapponese ti consiglio Momoyo a Chelsea, per quella greca Telly's Taverna a Ditmars poi posso citare Urena, Marichu entrambi in Midtown e poi English is Italian, la lista puo' continuare ma per ultimo cito un ristorante che a me piace molto e offre cucina italiana: da Cesco in Astoria, Queens.
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