Tuesday, April 11, 2006

STORIE TESE



Giornata importante. Un tizio vuole vedere il mio book di lavori fotografici. Me la prendo con comodo, tanto ho tempo. C’e’ pure il sole, e’ un buon segno. Per iniziare bene ci vuole un caffé. Sì, un caffé. Un caffé vero non quella brodaglia bruciata che soggiorna sulla piastra incandescente da un paio di giorni. Ho in mente un buon espresso, preparato con cura, versato su una tazzina di ceramica, magari non fine ceramica ma assolutamente no, e poi no su un frettoloso bicchiere di carta che rovina l’aroma con quel terribile gusto di cartone. Quasi, quasi faccio una fuga all’Edelweiss caffé. Ti mettono anche la scorzetta di limone come fanno a Napoli. Son cose che colpiscono. Insomma, voglio dire, son piccole cose che fanno la differenza. E poi:
-Buongiorno, come va? Cosa posso servirle oggi? Questa mattina abbiamo dei muffins appena sfornati
E' come essere ospite di un vecchia zia cerimoniosa.
Appena entro, non riconosco le facce amiche. Ma…ma la tizia con il make-up di Moira Orfei? Dov' e’ finita? E quell’adorabile ragazza un po’ timida con i denti da leprotto?
Non ci sono più! Dileguate. Staranno già servendo caffé acidi in qualche Starbucks della zona.
Beh, ormai sono qui e poi ho maledettamente bisogno di quell’espresso. Lo ordino e mi siedo ad un tavolo. Il tempo passa e non arriva niente e già comincio a sudare. L’orologio galoppa e io penso al mio appuntamento. Un tipa arruffata sta armeggiando alla macchina del caffé come se stesse manovrando l’alambicco di Paracelso, decisamente tesa e, indubbiamente, alla sua prima prova con l’espresso.
Poi, finalmente arriva. Mette sul tavolo un pezzo di tovagliolo di carta e ci sbatte sopra la tazzina senza piattino ne’cucchiaino, con il caffé che trabocca. La scorzetta di limone? Un vago ricordo del passato.
A sorprendermi e’ il gusto. Un delicato sapore di liquame con una decisa inclinazione di minestrone bruciato.
Abbandono la tazzina con il liquame e prostrata dalla sventura mi accingo a pagare senza discutere poiché le lancette mi hanno già lanciato dei terribili presagi.
Bene. Il tentativo di iniziare la giornata alla grande e’ fallito miseramente. Vado di corsa alla stazione della metropolitana.
Passo la metrocard sul lettore -bip, bip-, il cancelletto rotante non si apre. Oohps! La metrocard e’ esaurita. Non facciamoci prendere dal panico, ne compro un’altra. Con il cuore in fibrillazione mi rivolgo alla biglietteria. E’ vuota. Il solito tizio sonnolento e con l’espressione di un tapiro incazzato non e’ lì. Non c’e’. Non e’ seduto sul suo seggiolone a leggere il giornale. Bene, si può ancora rimediare. Vado ai distributori automatici. Un enorme cartello mi informa sullo stato attuale del dannato marchingegno: “OUT OF ORDER”. Non c’e tregua. Per fortuna il tapiro e’ rientrato alla base e mi vende una nuova tessera magnetica. Forse e’ il caso che chiami il tipo dell’appuntamento e gli dica che ho una decina di minuti di ritardo. Ci faccio più bella figura che non a stare zitta. Cerco il numero di telefono. Ah, eccolo qui. Lo digito e…zac il cellulare tira l’ultimo sospiro e si spegne. Sono salva! C’e’ un telefono pubblico. Cerco le monetine. Ho giusto due quarters. Adesso sistemo tutto. Una telefonatina veloce e fermo la tachicardia.
Non uso spesso i telefoni pubblici ma in caso di bisogno sono utili, penso. Il telefono ingoia le monete e se ne sbatte dei miei problemi. Non funziona e si e’ trattenuto il denaro. L’ultima grande business idea per far soldi gratuitamente. Sto andando alla grande. Farò un infarto prima di arrivare a destinazione. Il treno arriva, lo prendo. Rigurgita gente. Facce strampalate. Un vietnamita, con una cresta estrema color rosso rubino alta trenta centimetri, rovista nel suo borsello bicolor di vinile, ne estrae una lattina di Red Bull e comincia a trangugiare. Jack lo squartatore apre gli occhi per un momento, controlla la stazione e poi ritorna ai suoi sogni proibiti.
Intanto il treno si e’ fermato dentro un tunnel e non accenna a ripartire. Sento già il formicolio al braccio destro. Qualche annuncio incomprensibile ma niente siamo ancora fermi. E’ la fine. No, non ancora. Il mezzo si muove e la valvola mitrale ricomincia a funzionare. Il dondolio fa addormentare un altro paio di “morti de’ sonno”.
Almeno si viaggia. Ma cosa succede? Il macchinista e’ impazzito? Ha saltato la mia fermata! Non sarà mica che quando parlava con un hamburger tra i denti e la testa dentro la campanella di bronzo blaterando in aramaico ci preparava lo scherzetto?
Se sopravvivo a questa avventura, camperò cent’anni.
Stremata dalle fatiche mentali, con un simpatico cerchio alla testa tipo aureola e in ritardo di dieci minuti arrivo al mio appuntamento. La segretaria, una tipa con la coscia lunga e soda e la grinta di Crudelia Demon mi dice:
-Sorry! Mister X oggi non verra’ in ufficio, ha avuto un imprevisto.

5 Comments:

Anonymous Anonymous said...

Non ci posso credere! che giornata! Beh almeno avrai occasione di rifarti arrivando puntuale :)

7:07 AM  
Blogger Nikita said...

Avventure quotidiane in una citta' dal gusto forte!

9:24 AM  
Anonymous Anonymous said...

Wow, la prossima volta porta anche la frusta da Indiana Jones!

1:34 PM  
Anonymous Anonymous said...

E comunque anch'io voglio vedere i tuoi book fotografici!!!

2:09 PM  
Blogger Nikita said...

felson:Io mi porto Indiana Jones direttamente. Ah, si' i miei book. Sto lavorando per creare un sito ma ho i ritmi di Ulisse. Abbi fede.

12:15 AM  

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