PROFETI MEDIALI
Qualche tempo fa’, non mi ricordo esattamente quando, visto il bradipismo del quale sono affetta, l’amico Felson, mi dava una dritta bestiale segnalando una mostra alquanto singolare di tale Chris Jordan che, vista la mia ignoranza galattica, riconosciuta a livello internazionale, non avevo mai sentito nominare ma, dopo aver surfato per un po’ sul suo sito, mi e’ sembrato un personaggio interessante, con un sacco di idee brillanti, insomma un tizio dal potenziale creativo degno di nota. Ieri, o forse era l’altro ieri? Bo! Chissà se riuscirò mai a riattivare le sinapsi, beh insomma sono andata a vedere l’esposizione alla Von Lintel Gallery dall’emblematico titolo: “Running the numbers”, un assaggio del consumo di massa e degli sprechi della società americana. Prima di commentare, lasciate che vi dia un’idea dell’ubicazione topografica del luogo. Ci troviamo a Chelsea, nella parte estrema, quella affacciata sull’Hudson River. La zona da qualche anno brulica di gallerie d’arte e boutique ma e’ ancora, se così si può dire, in “trasformazione”, nel senso che accanto ad un “Concept store” ci si può trovare ad ammirare un magazzino impreziosito da scoli di elementi sconosciuti e ondate di effluvi brutali e aggressivi, dove alcuni gentlemen, che non perdono occasione per dimostrare che hanno tutti studiato a Cambridge, si affaccendano in attività delicatissime che richiedono concentrazione e precisione, come spostare un carrello o buttar via le immondizie, per poi accovacciasi sul bordo del marciapiede per la pausa pranzo a divorare panini. La galleria si trova al secondo piano di un palazzetto di mattoni rossi ed e’composta da tre stanze. L’accoglienza e’ decisamente calorosa e zelante: ognuno e’immerso nella propria lettura e non vedono l’ora che sloggi levando il disturbo.
Ma veniamo alle opere. Ecco devo dire che l’effetto non e’ quello sperato. Quando si entra, grazie anche alla totale assenza di spiegazioni o titoli al lato di ogni gigantografia, non si sortisce nessun effetto se non chiedersi il perché della visita. Finché non si mette il naso sulla foto, non si intuisce nemmeno il soggetto dell’opera. Fra l’altro, non so, ma mi e’ sembrato che la selezione delle foto fosse tra le peggiori, rispetto a quelle disponibili che si possono ammirare su internet. Per esempio, nella prima sala si trovano “Prison Uniform”, “Jet trails” e “Plastic bottles” che visti così da profani svaniscono in macchie di colore. La stessa sensazione si ha con “Cell Phones”, “Handguns” e “Paper bags”. Nella terza sala …nature morte. Un gruppo di pesci con l’occhio vitreo, probabilmente infarinati e fritti subito dopo lo scatto, di autore sconosciuto. Forse lo stesso Jordan in un momento romantico o chissà….
Ho trovato l’organizzazione abbastanza scadente e carente e ben lontana dal creare l’impatto visivo che si ottiene online.