Saturday, April 29, 2006

BEYOND THE CALL



Nella foto Adrian Belic, il regista del film





Normalmente questo blog e’ impegnato sul fronte della satira e sede di umorismo e faccende facete ma oggi voglio aprire una parentesi e raccontarvi qualcosa di serio e bellissimo, voglio parlarvi di “Beyond the call”, un film che e’ stato presentato al “Tribeca film Festival” che si sta svolgendo in questi giorni a NYC.
Più che di un film, si tratta di un documentario che racconta la storia di Ed e il suo gruppo di Paladini

impegnati in missioni elevatissime e rischiose. Sono tutti uomini comuni che a proprie spese e raccogliendo fondi portano personalmente aiuti umanitari nei paesi in stato di guerra o colpiti da catastrofi naturali.
Sarà perché Ed e’ un caro amico e una persona che da trent’anni va in giro per il mondo portando tutto l’aiuto che gli e’ possibile senza chiedere nulla in cambio, ma ho trovato il film incredibile e la storia commovente.
Il film di Belic arriva dritto al cuore con le sue immagini forti ma mai violente, con le interviste ai protagonisti di cui sa cogliere la parte più divertente, quella ironica, quella che sdrammatizza presentandoceli nella veste di uomini comuni, semplici e sinceri.
La fotografia e’ semplicemente magnifica, in grado di sottolineare, seppur in situazioni estreme, la bellezza di un gesto e il sorriso della speranza.
Quello che colpisce lo spettatore sono gli occhi, mille occhi che ti guardano dallo schermo interrogativi come se aspettassero una risposta per quello che sta succedendo intorno a loro.
Non manca l’umorismo, forse l’unico elemento che permette a questi uomini di andare avanti e portare chiusa dentro gli scatoloni, la speranza alla vita tra persone alle quali e’ stato tolto il diritto al futuro.
Afghanistan, Uzbekistan, Filippine, Sudan, Ruanda…in molti non ce l’hanno fatta e se ne sono andati prima dell’arrivo di Ed, James, Jonathan ma per molti l’attesa ha portato tende, coperte, fagioli, carne affumicata e medicinali e forse un giorno saranno in grado di raccontare la loro storia.
Nonostante un delicato intervento al cuore, Ed si trova tuttora nelle Filippine per portare avanti la sua missione.
Questa e’ l’altra faccia dell’America, quella della solidarietà, dell’impegno, quella che fa dire a molti: “I’m proud to be American”.

Wednesday, April 26, 2006

LETTURE IMPEGNATE


Un essere umano quando compra una rivista vorrebbe, sì sicuramente, guardare delle belle immagini con della bella gente, bei colori, bei vestiti, sì, dare un’occhiata a cosa offre il mercato in termini di novità assolute in fatto di sneakers e gadgets inutili, ma poi anche poter leggere qualche articolo, magari leggerino ma che acchiappi, che tenga impegnati i neuroni per un po’. Qualcosa, del tipo perché Alice si mette a seguire un coniglio bianco anziché una vacca arancione o una pecora lilla? O perché a Kierkergaard non andava a genio Hegel? Era forse troppo brutto per i suoi canoni estetici? Insomma qualcosa che ci aiuti a colmare quelle lacunette di cultura generale lasciate vuote dai tempi della scuola e ci intrattenga con fresche letture visionarie.
Così, animata da una feroce sete di sapere, mi lancio alla ricerca di una rivista che mi accompagni nel mio pellegrinaggio verso casa a bordo dei potenti mezzi della MTA. Ne passo in rassegna una decina ma ci sono sempre le solite facce in copertina e non voglio deprimermi con le lacrime di Jennifer Aniston, poi vedo un bel titolo a caratteri Trebuchet dorati – Vixen - e decido per l’acquisto.
Sì, lo so, non si dovrebbe stare a guardare il pelo sull’uovo (detto fra di noi, non ho mai capito se il pelo era sul guscio o all’interno o sull’uovo già cotto), in ogni caso mi sono ritrovata fra le mani un tomo di 144 pagine, di cui 67 di pubblicità pura e una ventina di promozione prodotti con breve editoriale. Se si escludono le 4 pagine con appendice, elenco staff, lista agenzie pubblicitarie ecc, la pagina della posta a cui dare fuoco direttamente sul treno, le pagine dedicate agli indirizzi, la pagina da compilare per ricevere la rivista in abbonamento, un servizio di moda con abiti selezionati dal guardaroba di mia nonna ormai ottuagenaria, non e’ rimasto molto spazio per gli articoli.
Quei rarissimi esempi di attività giornalistica comprendevano un reportage sulla modella in copertina e alcune interviste degne di Pulitzer con intervistati dal quoziente intellettivo al di fuori della norma, se paragonato a quello di un orbettino.
Quattro dollari spesi bene e un’esplosione di attività celebrale.

Monday, April 24, 2006

AAA OFFRESI


Quando si tratta di trovare una sistemazione nelle metropoli si passa attraverso una fase di ricerca convulsa e massacrante, che nella maggior parte dei casi, degenera in esaurimento nervoso con cospicua caduta dei capelli, colorito della pelle grigiastro, stati d’ansia, tabagismo, fase rem agitatissima e allucinazioni. Una vera sfida contro il tempo e contro sé stessi. Trovare la dimora adatta alle proprie tasche e soprattutto dignitosa, e’ affar arduo. Talvolta, nella speranza di evitare l’avanzare dell’alzheimer, ci si affida alle agenzie immobiliari, delle vere e proprie associazioni a delinquere a stampo creativo che tentano di far passare delle stamberghe, ai limiti della decenza, come gioielli dell’architettura moderna. Anche nei casi in cui l’appartamento si presenti in condizioni civili, la fregatura e’ sempre dietro l’angolo. Le cosidette railroad house, per esempio, molto spesso vengono tirate a lucido per nascondere un trascurabile inconveniente: la planimetria e’ fatta a immagine e somiglianza delle Matrioske russe, cioè le stanze sono una dentro l’altra. Si tratta di appartamenti funzionali e comodi, adatti soprattutto a famiglie numerose o gruppi di persone che vogliono dividere le spese e si ritroveranno a condividere anche la propria stanza da letto, animata da un via vai continuo di simpatici coinquilini che transiteranno sopra i letti per raggiungere il bagno o la cucina.
Per eludere di pagare il pizzo all’agenzia e lasciar che l’alzheimer segua il suo corso, si può, anche, decidere di consultare i siti specializzati dove si trovano annunci postati direttamente dai proprietari degli immobili. Craigslist

, per esempio, e’ il tempio online degli annunci di ogni tipo.
Oltre alla classica offerta/richiesta di pagamenti in natura, su Craigslist si leggono gli annunci più bizzarri. Ecco alcune chicche apparse in questi giorni:

“ $800 - Situazione particolare – Sono un professionista trentanovenne, adoro la Germania e ci vado spesso. Vorrei migliorare il mio tedesco, così sto cercando un maschio di madre lingua tedesca con cui condividere un appartamento in lussuoso edificio con portiere. In cambio di un po’ di conversazione pagherò le spese di elettricità, cable Tv e internet. Il posto e’ pulito e mi aspetto lo stesso rispetto: niente scarpe in casa.
Cerco un maschio gay o non ma con grande apertura mentale che non si scandalizzi nel vedermi girare nudo per casa.”

“$ 510 – New Jersey – Affitto stanza a lungo termine a persona che non debba usarla il lunedì e il martedì (la stanza non verrà, usata ne’ toccata resterà immacolata). In quei giorni un pendolare canadese, a cui affitto un’altra stanza e’ in città per lavoro, così non voglio che ci siano troppe persone in casa."

Thursday, April 20, 2006

IN ONORE DELLA SCIENZA


Oggi si e’ presentata l’estate: t-shirt stampa girasoli e 27 °C gradi. E con lei, e’ anche arrivato il momento di tenere le finestre aperte e far entrare in maniera decisa una bella ventata di monossido di carbonio. Finalmente si partecipa alla gioia dei passanti e al buon umore degli automobilisti bloccati in coda, che per ammazzare il tempo si dilettano nell’esecuzione della “Cavalcata delle Walchirie” usando il clacson. SuperGiovane

per spostarsi usa la moto, stupendoci con le sue mirabolanti partenze da Moto Mondiale. Con un po’ di fortuna, poi, se si e’ pronti ad affacciarsi al balcone, si può assistere allo spettacolo gratuito “la zuffa dei cani” che si contendono un francobollo di terra per liberarsi delle scorie interne.
L’arrivo dell’estate comporta anche il comparire di folkloristici personaggi stagionali, come Mr Softee, il gelataio ambulante, la cui attività e’ quella di aggirarsi ramingo e derelitto con il suo inconfondibile camioncino tra gli isolati e adescare tutti i bambini del quartiere con la sua inquietante musichetta. I Mr Softee sono centinaia e io ho la fortuna di averne uno che si occupa solo del mio isolato rendendo piacevolissima la mia permanenza in casa.
Ora, alla luce dei fatti, che descrivono solo in parte la qualità e il benessere dello stile di vita cittadino, mentre mi trovavo seduta sui sedili della metropolitana che procedeva a velocità Mach 2 con vibrazioni in grado di raggiungere i nervi dentali e ucciderli, e guidata da un pacato metallaro con la faccia di Iggy Pop e la pettinatura di Nick Rhodes ai tempi di “Wild Boys”, mi ritrovo a leggere un articolo sugli incredibili risultati di una ricerca scientifica condotta dal Dipartimento della Salute, risultati dichiarati scioccanti dal gruppo di medici che vi hanno lavorato. Sembra che dopo anni di ricerche forsennate, le menti di questi illuminati abbiano scoperto un’ eclatante verità” lapalissiana, degna di Nobel: il newyorkese e’ stressato e lo e’ ancora più che in passato. Si intuisce subito che tale rivelazione ha sicuramente impegnato il drappello di scienziati in un durissimo lavoro di pennichelle retribuite e gite in campagna.
Bene, appreso che il newyorkese e’ stressato, non ci resta che aggiungere alla lista delle motivazioni alcuni fatterelli di poco conto, del tipo chiunque può essere licenziato in cinque minuti con un colpo di telefono e il fattore allarmismo, un innocuo mezzo usato dai media che preannunciano attacchi terroristici e apocalissi per riempire gli spazi vuoti in caso non si sia avuta ancora notizia dell’ultima ecografia di Angelina Jolie o il figlio di Britney Spear non sia caduto per l’ennesima volta da seggiolone. Bene,- dicevo - sommati alle teleferiche che si bloccano nel bel mezzo dell’East River, carrozze trainate da cavalli impazziti che si schiantano sui taxi, lavori in corso sui binari della metropolitana e il McDonald’s, beh, direi che ce n’e’ abbastanza per far schizzare un fachiro.

TOMKAT

Eh, eh, oggi ci siam levati un bel pensiero. Finalmente dopo un’attesa che, grazie alla discrezione dei media sembra essere durata qualche anno luce, e’ arrivata Suri, il cucciolo di casa Cruise. Per un periodo di tempo che sembrava tendere all’infinito, siamo stati allietati dalle facce dell’ultimo Samurai e la sua giovane Lolita omni presenti sulle copertine di giornali, riviste, quotidiani, programmi televisivi, brochure, siti web, Scottex casa, salviettine umidificate milleusi e carta da regali.
Episodi di isterismi di massa si sono verificati in tutto il paese, con donne che asserivano di avere le doglie nell’esatto momento in cui Katie Holmes iniziava il silenzioso travaglio.
Momenti di panico, quando Tom in preda ad una crisi di delirio carismatico ha evocato il fantasma di Ron Hubbard, l’autore di fiction che ha ideato e fondato quella grandiosa macchina per produrre denaro che passa sotto il nome di Scientology.
Richiamato dallo spazio in cui attualmente dimora ed effettua i suoi “esperimenti scientifici”, Ron ha inviato il suo ologramma dimostrando ancora una volta al mondo che uno spirito disincantato e’ immortale, invincibile capace di fare qualsiasi cosa e di influenzare gli eventi a distanza con la sola forza della volontà. A riprova di tutto ciò:
la teleferica che da Roosvelt Island porta a Manhattan si e’ misteriosamente fermata e il sistema sussidiario d’emergenza non e’ mai entrato in funzione lasciando 69 persone a penzolare sull’East River per sei ore.
Un modo come un altro per dare il benvenuto alla piccola Suri.
Ora non ci resta che attendere la nascita di “Brangiolina” (Pitt/Jolie) per levarci di torno un’altra spada di Damocle e soprattutto dare la possibilità ai giornali di dare un po’ di spazio alle notizie.

Monday, April 17, 2006

INNO ALLA GIOIA


La Pasqua si e’ chiusa egregiamente. Giornate da sballo. Central Park stipato di ebrei ortodossi in redingote nere con la barba e le basette arricciate che andavano in barca. Vendite colossali di coniglietti di peluche e palloncini. Ventri satolli di abbacchio e patate al forno che riposavano sulle panchine pubbliche all’ombra dei ciliegi in fiore. Insomma, un successo economico e tra le mura domestiche. Tutti tremendamente felici e appesantiti.
La quinta e’ stata, poi, teatro di una sfilata di gentili signore, dall’andatura lenta, che sfoggiavano cappelli fantasmagorici guarniti con nidi di uccello, fiori, piante e cicogne. Un inno alla gioia e al cattivo gusto in occasione della Resurrezione di Cristo.
A proposito di look alternativi e gusto opinabile, ho intravisto per la strada
Christian Joy

, ovvero Gioia Cristiana, la personalissima stilista di Karen O. Cristiana e’ l’artefice dell’accozzaglia di stili che costituiscono il guardaroba della front-girl degli Yeah,Yeah, Yeahs

. Un misto tra il punk di King’s road, il look anni’70 rivisto in un’ottica schizzofrenica, il glamour alla Adam Ant, il trasandato degli artisti avant-garde e Pippi calzelunghe.
Christiane ha iniziato la sua carriera per sfida. Mentre andava a fare compere con un amico, hanno deciso, di comune accordo, di dare il via ad una competizione per la realizzazione della t-shirt più bella. Naturalmente l’amico era completamente privo di idee e ha mollato ancor prima di iniziare, lasciando Christiane, da sola, a vincere la gara. Vincitrice assoluta, Christiane si e’ sentita quasi in obbligo a continuare l’attività’ e ha iniziato col proporre qualche t-shirt al negozio di un amico. Poi il colpaccio. Incontra Karen O al Daryl K, il negozio dove lavora e diventa la sua stilista di fiducia. Il resto e’ storia contemporanea.

Friday, April 14, 2006

OGNI SCARAFONE E' BELLO A MAMMA SUA


Vi piacciono gli animali? Vorreste tanto avere un cane ma non avete lo spazio necessario? Siete un po’ gotici?
Ho quello che fa’ per voi
Il nuovissimo trend a New York prevede di andarsene in giro con degli scarafaggi vivi di otto centimetri a mo’ di spilla, precedentemente addobbati con cristalli Swarovski colorati e catenella in argento incollati sulla corazza.
Il genio creatore di questa nuova piaga, degna dell’abominevole Dr Phibes, e’ tale Jared Gold, un vero pozzo di idee malsane.
Il prezioso scarafaggio-gioiello si può acquistare on line

oppure nella boutique dell’amico Jared a Salt Lake City, ridente cittadina montana e capitale dello Utah.
La bestiola che starà con voi gran parte della giornata, arrampicandosi sulla vostra spalla, sul collo, solleticandovi con le sue antennucce e finendo a riposare al caldo delle vostre zinne, va alimentata con cereali, frutta e verdura e in cattività ha una durata di circa due anni.
Ah! Dimenticavo, il prezzo e’ $ 80.

Thursday, April 13, 2006

SPRITZ


Io vedo tutti troppo tesi, troppo provati da un ritmo mandante di efferate menomazioni mentali, pronti a dar fuoco alla miccia da un momento all’altro. Sarà solo una sensazione ma ho notato una certa tensione sui colli taurini ormai piegati a mo’ di quelli di cigno, sulle schiene curve e deformate da anni di feroce lavoro da parte del sistema nervoso.
Visi rigidi che si stagliano su cieli di piombo e pensano al perché Angelina Jolie e il suo Brad si ostinano a restare a Parigi.
Il nocciolo della questione e’ lo "spritz". Lo spritz con la sua funzione sociale aggregativa e la sua provocante oliva verde. Lo spritz, il protagonista in assoluto del rito delle sette della sera, quando, nelle piazze cittadine, i manager rampanti e la goliardia studentesca perditempo ne fanno ambrosia per le loro cavità orali, lo spritz con il suo gusto amarognolo che evoca stati d’animo lietissimi e porta a considerare come capolavoro un film dei fratelli Vanzina. Beh, questo elisir della felicità, questa Fata Turchina per la mente e’ totalmente assente in questa città. Per secoli non e’ mai stato preso in considerazione. Probabilmente declassato a mero prodotto tipico locale, alla stregua del bardiccio e la bottarga e perduto nel baratro dell’oblio di qualche emigrato che lo ha rinnegato per Scientology.
Il problema che non e’ ancora stato risolto porta ad una serie di oscuri interrogativi che hanno dato non pochi mal di testa a nutrite schiere di etilisti.
Dai dati linguistici e dalla documentazione raccolta dal 1624 fino ad oggi, si ricava un’organica e logica sequenza di fenomeni culturali, in cui e’ difficile, se non impossibile, evincere la ragione di tale incredibile carenza. Sulla base dei dati storici e linguistici sono da respingere motivazioni di carattere scaramantico o genetico.
Sembra sia esistito un timido tentativo di simulazione, arenatosi nell’atto di affogare un’oliva in un bicchiere di Asti Cinzano, ormai svampito poiché generosamente guarnito di cubetti di ghiaccio. E poi più nulla. Lunghi anni di insignificanti “Manhattan” o “Sex on the beach”, di ridicoli palliativi senza nerbo.
Ecco, quindi, che nel tempo un certo malessere comincia a tracciare i contorni. Al momento e’ solo un ronzio, una zanzara che nelle menti dei nostri cari cittadini può essere eliminata con il battito di un calzino ben piazzato ma ben presto si trasforma in un tarlo che si mette al lavoro. Oggi quel tarlo e’ un avido mostro che lavora nei cervelli ricordandogli che c’e da pagare il mutuo, la rata dell’assicurazione infortuni malattie, che c’e’ una cambiale in protesto e quelli dell’ufficio crediti dell’American Express chiamano anche di notte, inoltre T-mobile ha staccato il cellulare per quell'irrilevante mucchietto di arretrati e per finire c’e’ da saldare il conto dell’hotel alle Bahamas.
E tutto questo perché non c’e’ lo spritz che leva di torno lo stress quotidiano.

Tuesday, April 11, 2006

STORIE TESE



Giornata importante. Un tizio vuole vedere il mio book di lavori fotografici. Me la prendo con comodo, tanto ho tempo. C’e’ pure il sole, e’ un buon segno. Per iniziare bene ci vuole un caffé. Sì, un caffé. Un caffé vero non quella brodaglia bruciata che soggiorna sulla piastra incandescente da un paio di giorni. Ho in mente un buon espresso, preparato con cura, versato su una tazzina di ceramica, magari non fine ceramica ma assolutamente no, e poi no su un frettoloso bicchiere di carta che rovina l’aroma con quel terribile gusto di cartone. Quasi, quasi faccio una fuga all’Edelweiss caffé. Ti mettono anche la scorzetta di limone come fanno a Napoli. Son cose che colpiscono. Insomma, voglio dire, son piccole cose che fanno la differenza. E poi:
-Buongiorno, come va? Cosa posso servirle oggi? Questa mattina abbiamo dei muffins appena sfornati
E' come essere ospite di un vecchia zia cerimoniosa.
Appena entro, non riconosco le facce amiche. Ma…ma la tizia con il make-up di Moira Orfei? Dov' e’ finita? E quell’adorabile ragazza un po’ timida con i denti da leprotto?
Non ci sono più! Dileguate. Staranno già servendo caffé acidi in qualche Starbucks della zona.
Beh, ormai sono qui e poi ho maledettamente bisogno di quell’espresso. Lo ordino e mi siedo ad un tavolo. Il tempo passa e non arriva niente e già comincio a sudare. L’orologio galoppa e io penso al mio appuntamento. Un tipa arruffata sta armeggiando alla macchina del caffé come se stesse manovrando l’alambicco di Paracelso, decisamente tesa e, indubbiamente, alla sua prima prova con l’espresso.
Poi, finalmente arriva. Mette sul tavolo un pezzo di tovagliolo di carta e ci sbatte sopra la tazzina senza piattino ne’cucchiaino, con il caffé che trabocca. La scorzetta di limone? Un vago ricordo del passato.
A sorprendermi e’ il gusto. Un delicato sapore di liquame con una decisa inclinazione di minestrone bruciato.
Abbandono la tazzina con il liquame e prostrata dalla sventura mi accingo a pagare senza discutere poiché le lancette mi hanno già lanciato dei terribili presagi.
Bene. Il tentativo di iniziare la giornata alla grande e’ fallito miseramente. Vado di corsa alla stazione della metropolitana.
Passo la metrocard sul lettore -bip, bip-, il cancelletto rotante non si apre. Oohps! La metrocard e’ esaurita. Non facciamoci prendere dal panico, ne compro un’altra. Con il cuore in fibrillazione mi rivolgo alla biglietteria. E’ vuota. Il solito tizio sonnolento e con l’espressione di un tapiro incazzato non e’ lì. Non c’e’. Non e’ seduto sul suo seggiolone a leggere il giornale. Bene, si può ancora rimediare. Vado ai distributori automatici. Un enorme cartello mi informa sullo stato attuale del dannato marchingegno: “OUT OF ORDER”. Non c’e tregua. Per fortuna il tapiro e’ rientrato alla base e mi vende una nuova tessera magnetica. Forse e’ il caso che chiami il tipo dell’appuntamento e gli dica che ho una decina di minuti di ritardo. Ci faccio più bella figura che non a stare zitta. Cerco il numero di telefono. Ah, eccolo qui. Lo digito e…zac il cellulare tira l’ultimo sospiro e si spegne. Sono salva! C’e’ un telefono pubblico. Cerco le monetine. Ho giusto due quarters. Adesso sistemo tutto. Una telefonatina veloce e fermo la tachicardia.
Non uso spesso i telefoni pubblici ma in caso di bisogno sono utili, penso. Il telefono ingoia le monete e se ne sbatte dei miei problemi. Non funziona e si e’ trattenuto il denaro. L’ultima grande business idea per far soldi gratuitamente. Sto andando alla grande. Farò un infarto prima di arrivare a destinazione. Il treno arriva, lo prendo. Rigurgita gente. Facce strampalate. Un vietnamita, con una cresta estrema color rosso rubino alta trenta centimetri, rovista nel suo borsello bicolor di vinile, ne estrae una lattina di Red Bull e comincia a trangugiare. Jack lo squartatore apre gli occhi per un momento, controlla la stazione e poi ritorna ai suoi sogni proibiti.
Intanto il treno si e’ fermato dentro un tunnel e non accenna a ripartire. Sento già il formicolio al braccio destro. Qualche annuncio incomprensibile ma niente siamo ancora fermi. E’ la fine. No, non ancora. Il mezzo si muove e la valvola mitrale ricomincia a funzionare. Il dondolio fa addormentare un altro paio di “morti de’ sonno”.
Almeno si viaggia. Ma cosa succede? Il macchinista e’ impazzito? Ha saltato la mia fermata! Non sarà mica che quando parlava con un hamburger tra i denti e la testa dentro la campanella di bronzo blaterando in aramaico ci preparava lo scherzetto?
Se sopravvivo a questa avventura, camperò cent’anni.
Stremata dalle fatiche mentali, con un simpatico cerchio alla testa tipo aureola e in ritardo di dieci minuti arrivo al mio appuntamento. La segretaria, una tipa con la coscia lunga e soda e la grinta di Crudelia Demon mi dice:
-Sorry! Mister X oggi non verra’ in ufficio, ha avuto un imprevisto.

Wednesday, April 05, 2006

STRANEZZE

Oggi, oltre che essere un giorno speciale per la sequenza di numeri che alle ore 1.02 e 3 secondi del mattino si presentava così: 1.02.03 04/05/06 ( questo e’ successo solo in America dove nelle date il mese viene segnalato prima del giorno), siamo anche stati allietati da una tormenta di neve a sorpresa. Forse un pesce d’aprile arrivato in ritardo o semplicemente un regalo pre-pasquale.
Ad ogni modo io questa mattina, persuasa da alcuni raggi di sole che promettevano delle gran cose, ero uscita tutta baldanzosa in tenuta primaverile e naturalmente…sprovvista di ombrello. Non appena uscita dalla stazione della metropolitana, sono stata investita da una doccia di pioggia gelata che ben presto si e’ trasformata in bufera. Le solite giapponesi accomunate dallo stesso destino, ridevano sommessamente coprendosi la bocca e riparandosi con una copia del Village Voice.
A rendere l’esperienza ancora più gravosa, poi, c’han pensato quelli della MTA che escogitano sempre nuovi trucchi per rendere la vita dei pendolari straziante. Oggi per aiutarci a rientrare a casa, hanno limitato le corse di alcune linee della metropolitana solo ad alcune stazioni, lasciando orde di gente bagnata fradicia in attesa sulle piattaforme.
Non appena rientrata a casa e aver riportato la temperatura corporea ai suo soliti 37°, anziché sotto lo zero, la tormenta si e’ trasformata improvvisamente e inaspettatamente in una splendida giornata di sole.

Monday, April 03, 2006

THE BRONX


Eccomi qua di ritorno da una scampagnata nel Bronx. Si fa’ per dire. Le uniche zone verdi di questo desolato territorio urbano sono i parchi che, però, per motivi di degrado, menefreghismo collettivo e intolleranza alla natura, sono privi di erba.
Ora come abbiano fatto a ridurre un bucolico, romantico posto sulle colline fino al secolo scorso, in una discarica industriale ricoperta da edifici, chiaramente organizzati e distribuiti secondo la speculazione edilizia, e’ una bella domanda, corredata, però, già di risposta: denaro. Già, sonante denaro che ha fatto la fortuna di pochi intimi. Poi le immigrazioni dall’Africa e il Sud-America hanno concluso egregiamente l’opera di distruzione di un angolo di Paradiso. Considerato, poi, che qualche sera fa’ il taxista che mi riportava a casa, non sapendo assolutamente la via da percorrere (sì, capita anche questo), veniva guidato dalla sottoscritta ma nel momento in cui si e’ visto apparire davanti agli occhi la sagoma del Triborough Bridge (collegamento con il Bronx) illuminata di verde, voleva mollarmi lì sulla strada. E io a spiegargli che, no, non stavamo andando sopra il ponte ma di lì a poco avremmo imboccato l’ultima uscita prima dell’inferno. Ancora terrorizzato e non convinto dalle mie parole ha cominciato a rallentare tanto per agevolare la mia fuoruscita in caso lo stessi pigliando per il naso. Quando finalmente ha notato il maledetto cartello segnaletico con il numero dell’uscita, ha cominciato a rilassarsi e in perfetto inglese con leggera inflessione tra il cingalese e il dialetto di Bombey mi ha detto:
- Eh, eh io ho famiglia.
Tutto ciò per dirvi che sembra essere un posto molto tranquillo dove si aspira ad andare ad abitare.
Ad ogni modo c’era un gran bel fermento per le strade. Gente che andava e veniva in stagionati abiti anni ’70, gang di bellimbusti seduti sopra il tetto dell’auto che, orgogliosi della loro calza collant sulla testa e canottierona 100% polyestere, cazzeggiavano ascoltando dell’amabile, rilassante rap a volumi inverosimili e per finire una parata di pachidermiche ragazze-madri che portavano a spasso una covata di pargoletti in tenuta casual.
Tra l’abbandono di resti alimentari e lo scempio circostante, si può ammirare Grand Concourse una delle vie principali di questo tranquillo e suggestivo quartiere di New York, terra dei Riffs, che si estende per una decina di chilometri e fu costruita ad emulo dei famosi Champs Elysees parigini dei quali, anche se con tremendo sforzo immaginativo e sotto l’effetto del crack, non ricorda nemmeno i cassonetti delle immondizie.
Non vorrei avervi depresso troppo con questo racconto realista, perciò vi lascio dicendovi che nel Bronx c’e’ un fantastico zoo

, dove gli animali scorazzano liberi in vaste zone che cercano di ricostruire il loro ambiente naturale.

Saturday, April 01, 2006

LA CITTA' SOMMERSA

Vi scrivo da una zattera nel bel mezzo dell’oceano Atlantico, in collegamento wireless dal mio cellulare.
Questa mattina molto presto, ma neanche tanto, un’onda anomala ha spazzato via l’isola di Manhattan.
Veniamo ai drammatici fatti. Ad un’ora, ancora in via d’accertamento, il gruppo denominato “Super Size” composto di dieci elementi abbondantemente in sovrappeso, ospiti di una Beauty Farm, si trascinavano mollemente verso la piscina decorata con piastrelle della Bisazza, per un bagno nelle acque sulfuree, asperse da sali dimagranti, alla conquista della forma perduta. Tutte contemporaneamente, le gigantesche masse di lardo si lanciavano nell’acqua provocando un sisma con la potenza paragonabile a quella di un ordigno atomico. Ettolitri d’acqua maleodorante si sono riversati sulla città che veniva letteralmente sommersa e rasa al suolo dalla forza distruttrice di ondate anomale provocate dalle bracciate dei pachidermi, ancora dentro la piscina.
Scampata al disastro, mi sto dirigendo verso i Carabi. Vi darò mie notizie.

Buon primo d’aprile a tutti!