Thursday, November 30, 2006

SALARI


Nella prossima vita voglio fare l’attrice. E sì. Date un’occhiata al salario delle dive del cinema:
Nicole Kidman $16/$17 milioni a film
Reese Witherspoon $ 15 milioni a film
Renèe Zellweger $ 15 milioni a film
Drew Barrymoore $ 15 milioni a film
Cameron Diaz $ 15 milioni a film
Halle Berry $ 14 milioni a film
Charlize Theron $ 10 milioni a film
Angelina Jolie $ 10 milioni a film
Kirsten Dunst $8/$ 10 milioni a film
Jennifer Aniston $ 8 milioni a film
E nessuna ha ancora battuto Julia Roberts che tra il 2002 e il 2005 si portava a casa $ 20 milioni a film. Considerato che se n’e’ uscita con ben otto film in quel periodo, fate un po’ i conti.

Non e’ male per passare la giornata tra l’estetista, la palestra, fare un salto dal parrucchiere e poi shopping selvaggio e feste tante feste, tanti drink e super vacanze alle Seyschelles, affittando un’isola tutta per sé, con guardie del corpo e uno stuolo di servitù che ti aiuta anche a cambiarti le mutande.
Bisognerebbe rendersi conto che c'è un limite a tutto, compresi i salari degli attori. Insomma, questa gente cosa fa, a parte essere onnipresente ovunque e farsi fotografare in pose sexy?
I prezzi dei biglietti del cinema continuano ad aumentare e per cosa? Per permettere agli attori di avere una vita sempre più agiata? Perché si concedano una follia dopo l’altra: anelli di fidanzamento con diamanti grossi come una palla da baseball, jet privati, navi e matrimoni principeschi in Italia (vedi Tom Cruise e consorte) con schieramento di forze dell’ordine pari a quello dell’attacco all’Iraq.
In quanto alla recitazione, bah, c’e’ sempre il doppiaggio, no?

Wednesday, November 29, 2006

MENESTRELLO STYLE


L’immagine di Bob Dylan imperversa. Dopo “Tangled up in Bob”, l’icona del rock si e’ guadagnata una mostra alla Morgan Library, a cui hanno appena rifatto il look su progetto, niente po’ po’ di meno che, di Renzo Piano. Ad ogni modo, dicevo, niente male per l’ex ragazzo del Minnesota. Dal momento, poi, che e’ ancora vivo e vegeto e super attivo, dopo un tour autunnale che lo ha visto esibirsi nelle maggiori città degli States e reduce del successone del suo ultimo album, “Modern Times”.
Così la moda del menestrello metropolitano e’ stata rispolverata e nei mercatini vintage i pantaloni a sigaretta e le giacchettine anni ‘60 di velluto millerighe e quelle in pelle vanno a ruba. Per non parlare poi dei Ray-ban Wayfarer, ritornati prepotentemente in auge per la gioia degli inserzionisti su E-bay. A quanto pare, anche la redattrice di moda della rivista Rolling Stones, sembra essere diventata un’accanita sostenitrice dello stile ispirato dalla musa-Dylan degli anni ’60, quando bazzicava tra Londra e New York elargendo il suo folk-rock alle folle.
A sottolineare ancora una volta questa tendenza moda che fa di Bobby un maestro di stile, il film di prossima uscita “I’m not there”, ennesima documentazione della sua fama, in cui Cate Blanchett che, udite, udite, impersona il giovane Dylan, e’ stata fotografata sul set con la tipica mise folcloristica e capelli a cespuglio
E già, per quest’anno e’ andata così e le vetrine sono già zeppe di jeans a sigaretta e giacche che sembrano essere finite in un involuto ciclo a 90° e annessa centrifuga. Speriamo solo che per la stagione primavera/estate 2007 l’ispirazione non arrivi dal Dylan anni ’90, versione cow-boy frangiato e mostruosamente kitsch.

Sunday, November 26, 2006

ZOOMMATA IN GALLERIA


Ancora una volta mi sono data all’arte. Si, voglio investire un po’ del mio tempo per evolvermi culturalmente e stabilire un rapporto introspettivo con il mondo, ovvero sia nell’invito si menzionava un banchetto di prelibate americanate offerto dalla galleria d’arte, il che e’ bastato per farmi accettare senza riserve. Veniamo al sodo, al nocciolo della questione, ossia l’oggetto dell’invito: la mostra fotografica. Una quindicina di trascendentali scatti di un terrazzo, sapientemente decorato con giocattoli di seconda mano e reliquie religiose, tra le quali spiccava l’amica Barbie, la donna che ha creato generazioni di anoressiche e liftate, colei che flirta con quel bellimbusto di Ken e poi se la fa con Big Jim, versione Crocodile Dundee. La poveretta, in questa superlativa carrellata di immagini, nelle quali sbucava dai cespugli di gramigna e cactus epifiti, appariva un po’ provata dall’uso smodato fatto da una ciurma di bambinette anni ’70, tanto da presentarsi per lo shooting fotografico tutta arruffata, con qualche arto in meno, probabilmente perso nella lotta tra le agguerrite fanciulle per accaparrarsene il modello, e completamente nuda. Così conciata e segnata dal tempo, si presentava sottoforma di opera d’arte, contemplata da gruppi di intellettuali col cervello in astrazione ed individui di passaggio con il pallino per i nuovi talenti e la loquacità astrusa dello scemo del villaggio.
- “...come un trasalimento vertiginoso proprio dell’insostenibile, dell’urgenza di reagire,nel quale si intravede l’aspirazione salvifica che attraverso la trasfigurazione della materia e l’abolimento del martirio quotidiano, delimita la percezione del peccato originale immesso nel mondo. È, l’invocazione che sale nello spleen, la tensione verso l’impossibile, lo sguardo elegiaco della donna nuda che si veste della luce…”
- Scusa ma ho il quoziente intellettivo in caduta libera. Credo che andrò a rinvigorire i neuroni con un’altra birra.

L’avventura satirica continua con alcuni incontri ravvicinati con esponenti dell’avanguardia newyorkese, una botta d’ironia senza confronti, un viaggio che scivola nel grottesco con alcune varianti surreali.
Una tipa, con la capigliatura di un barboncino francese e le occhiaie del Conte Dracula, mi confessa che sta lavorando di gran lena ad un gran progetto: aprire un museo a sei piani imbottito della sua arte.
- E’ un’idea sublime. Non mancherò all’inaugurazione.
L’unica perplessita’ riguarda il fatto che, il suo registro vendite e’ rimasto immacolato per lustri, e a tutt’oggi sembra non aver subito cambiamenti di sorta. Delirio di onnipotenza o consumo smodato di alcolici?
Son cose che dan da pensare ma per non lasciarmi abbattere da queste storie desolanti, andrò a rifocillarmi con quei deliziosi assaggi di salsa messicana che richiedono la lingua in amianto e l’apparato digerente di un boa constrictor e danno effetti collaterali prolungati, talvolta irreversibili. Già che sono qui al banchetto della ristorazione, proverò anche i formaggi, che esalano effluvi degni di una fogna di Calcutta. Intanto una spilungona, con i denti da castoro e la fronte spaziosa alla Frankenstein, mi sta svelando i segreti per un’ottima omelette di formaggio.
- Sai cosa? Prendo nota sul mio taccuino. Ricette così sfiziose vanno tenute in considerazione.
Ma ho la faccia di una che non sa neanche farsi due uova? Ora, non e’ che sono l’assistente di Gualtiero Marchesi ma non ci vuole mica una laurea per preparare una frittata, no?
Per meglio assimilare lo spirito poetico lanciato dalle fotografie in esposizione e percepire il significato profondo di questa mastodontica opera di osservazione e studio di un terrazzo, c’e chi, con inconsapevole coraggio, si e’ abbandonato al piacere dei sensi e dorme profondamente abbandonata su di una sedia pieghevole in posa plastica, per confondersi con l’ambiente. Sarà, probabilmente, rimossa all’indomani dall’impresa delle pulizie.
Arriva una leggiadra donzella con la mole aggraziata ed armoniosa di un triceratopo. Sfila impassibile accanto alle opere d’arte e si fionda con andamento ondulatorio/sussultorio al tavolo dei viveri. Ingurgita quello che trova come un aspirapolvere Hoover TS2065 con 2000 watt di potenza e ci butta sopra una coca light.
L’artista vaga per la stanza a ricevere i plausi in vestaglia damascata in stile Maria Antonietta.
Mi ributto nella mischia, offrendomi nuovamente al martirio semantico.

Friday, November 24, 2006

LA FINE DI UN TACCHINO...

































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Wednesday, November 22, 2006

THANKSGIVING



Mentre i tacchini si stanno rosolando nel forno, imbottiti di cranberry e noci, il mago Blaine sta per combinarne una delle sue. Da due giorni e’ ammanettato, mani e piedi, ad un giroscopio gigante issato nell’aria della 46ma e continua a roteare attorno al suo asse, notte e giorno.
Per festeggiare il giorno di Thanksgiving e dare il via alla stagione delle feste e soprattutto delle grandi compere, al terzo giorno di permanenza sul marchingegno, ossia il giorno del Ringraziamento, il mago/stuntmen tenterà l’incredibile impresa di fuggire. Dove? Staremo a vedere.

Buon Thanksgiving a tutti.

Tuesday, November 21, 2006

TANGLED UP IN BOB


Natalie Goldberg, vi dice niente questo nome? La scrittrice di Taos? La musa ispiratrice per menti arrugginite? E’ un’autrice che ho scoperto qualche anno fa e ha giovato a miei esercizi di scrittura. Con il suo lessico semplice e fresco arriva dritta al punto senza tanti preamboli e lezioni di manierismo. I suoi libri si leggono volentieri e con avidità, impazienti di mettere in pratica i suoi insegnamenti.
“The Zen and the art of writing “ o “Writing down the bones” e ancora “Wild Mind” sono manuali che aiutano a disincrostare la materia grigia, rendendola disponibile all’ispirazione e la creatività.
Qualche giorno fa ho incontrato Natalie alla presentazione del documentario “Tangled Up in Bob” di Mary Feidt, in cui lei stessa e’ la protagonista e ci accompagna in un sintomatico, a tratti malinconico, viaggio alla ricerca di Bob Dylan, il Bob Dylan uomo, depurato da quell’aurea di miticismo che lo ha fatto conoscere a generazioni di giovani ribelli. Bob il ragazzo riccioluto che a 16 anni cantava come un forsennato “Jenny, Jenny” di Little Richard alla recita della scuola, Bob il fanciullo di Hibbing, Robert Zimmerman per intenderci, ovvero il giovincello che creò la sua stessa leggenda.
Quando mi siedo, la platea e’ gia’ gremita di gente e ho la fortuna sfacciata di avere accanto a me l’ennesimo soggetto in fuga dal reparto di neurologia che rallegra la visione con commenti e risatine effervescenti.
Il viaggio comincia. Natalie arriva dopo una gita in auto durata quattro ore che dall’aeroporto l’ha portata, a Hibbing, la patria del poeta del rock, una cittadina di minatori dalla pelle fuligginosa e lo humor dei fratelli Cohen in “Fargo”. Qualcosa e’ cambiato da quando Bob se n’e’ andato, qualcosa e’ rimasto, di sicuro lo spirito della gente ha resistito a qualunque tentativo di influenza straniera e attacco culturale. Incontriamo BJ Rolfzen, l’insegnante di inglese di Bob ai tempi del liceo, forse colui che ha, in qualche modo, influito sulle sue abilità artistiche e di capace comunicatore di stati d’animo che dimostro’, in seguito, attraverso i testi delle canzoni, in grado di suscitare con le parole una gamma emozionale mai riscontrata prima nella musica popolare. L’ottuagenario signore che si abbandona ad un veleggiare placido tra le memorie, ci ricorda che l’ex menestrello del Greenwich Village non e’ più il giovincello che la maggioranza ha infisso nella mente, con la testa selvaggiamente riccioluta e impaccato in quella giacchettina di pelle striminzita mentre canta “Blowin’ in the wind”, Bobby ha la sua veneranda età e ce ne da’ conferma anche l’incontro con il suo miglior amico dell’epoca, John Bucklen, canuto e rugoso al punto giusto da offrirci il ritratto della terza età.
Mentre affondo nella poltrona, i racconti continuano e la figura di Bob, l’umano, comincia a prendere forma. La prima cotta con la biondina platinata e le sopraciglia depilate, accentua ancora una volta il concetto di normalità. Sì, anche i miti inciampano nelle debolezze proprie dell’essere umano. Si lasciano sopraffare dai sentimenti e magari ci stanno pure male. Di questa love story, rimangono le romanticissime lettere che il cantante scrisse all’amata, gelosamente custodite nelle mani della stessa, eclissatasi dalla scena, perché il primo amore non si scorda mai. La neve e’ alta e copre il tetto della casa natale dove all’interno, la carta da parati originale e’ stata riportata agli antichi splendori. Parlano alcuni ex-compagni di scuola che non diventarono mai suoi fan ma conobbero “il ragazzo” in tempi non sospetti. Una vita, quella di Dylan nei panni dell’uomo comune, quasi noiosa, trascorsa tra la sinagoga, la scuola e il negozio di papà.
Inoltrandosi in questo viaggio, Natalie protagonista/intervistatrice, scopre anche qualcosa di molto importante che va al di là della ricerca originale e la investe in prima persona:
ognuno di noi e’ spinto ad inquisire sulle proprie origini e l’ambiente in cui e’ cresciuto spinto da un’irrefrenabile voglia di scoprire la propria essenza. La scena cambia, ci troviamo a miglia di distanza, a Famingdale, Long Island, sua città d’origine. Ci sono ancora tutti i suoi punti di riferimento: la ferrovia, il bar di suo padre, la casa … ma la sua “anima”…non e’ più lì.
Le luci si riaccendono, Natalie e Mary salgono sul podio a ricevere gli applausi che si sono egregiamente meritate e si rendono disponibile alle domande del pubblico compiaciuto.

Monday, November 20, 2006

BACI PERUGINA


Vi ricordate i Baci Perugina? Quelli che hanno le frasette nell’involucro scritte dall’associazione “poeti per caso”? Beh, c’e un improbabile ma reale Italian Deli in perfetto stile post-bellico con le salsicce che pendono dal soffitto e le mozzarelle nel catino, dove li vendono, sciolti, dentro ad una teca di vetro, tra la polenta della Valsugana e i peperoncini sott’olio pugliesi. In questa bottega d’altri tempi, nella quale l’abilita’ nel tagliare il salame si tramanda di padre in figlio e dove si parlano dialetti, ormai estinti all’epoca dei Borboni, e’ possibile acquistare il cioccolatino con la nocciola in cima avvolto nella carta stagnola a stelline.
- Tre etti di ricotta, per favore. -
Poi cado in tentazione, più che altro spinta da un desiderio per le cose perdute, e ne compro uno.
Alla sera mentre galleggio nel vuoto gravitazionale davanti ad un film che ispira ad andarsene a dormire, lo scarto con diligenza e, curiosa come un gatto, leggo la cartina oleata. Ecco qui:
”Abbiamo parlato a lungo dell’amore. Ora proviamo ad ascoltarlo, vuoi?”

Semplicemente uno spunto per la riflessione…

Thursday, November 16, 2006

LA FIERA DEL SOL LEVANTE


Eccomi qua, impregnata di saggezza, addobbata come una maiko dei poveri, più che altro sfibrata dal saké.
Qui a New York ce n’e’ per tutti. Non c’e’ di che lamentarsi. Se al mattino fai colazione al Diner con uova, bacon e american cheese, dopodichè te ne vai a comprare le spezie indiane per il Kosha Mangsho a Lexington avenue, alla sera non si può non andare alla mini fiera del sol Levante, e’ chiaro, no? Con l’idea che e’ assolutamente necessario far crescere un bonsai nel bagno per una questione di armonia.
Allora uniamo le mani in segno di saluto ed entriamo nel magico mondo del tè e del kimono dove l’oriente incontra l’occidente.
Mi infilo nell’ascensore, o meglio un montacarichi camuffato da ascensore, e approdo al terzo piano dove mi aspettano la mostra-mercato dei kimono vintage, le prodezze di un monaco buddista che si esibirà nell’arte dello shodo, l’esposizione di shoji, la degustazione di saké e il massaggio shiatsu gratuito, il vero motivo che mi ha fatto alzare le chiappe e mi ha spinto fino a questi pazzi lidi di Broadway show.
Che colori! La sala dei kimono e’ uno shock cromatico. Guarda, guarda questo qui, tutto ricamato.
Si, bello, bello. Poi addosso a me, mi dava quell’aria da Madame Butterfly in corsia del Fatebenefratelli.

L’apprendista commessa insiste:
- E’ un biju!
E vabbe’ ma Halloween e’ già trascorsa.
Faccio incetta di saké e mi introduco nel padiglione dell’asceta, dove un turbo reattore soffia aria con la piacevole temperatura di un altoforno. I preparativi fervono e il monaco buddista sorride, sempre di più fino ad irrompere in una risata, pacata ma sempre di risata si tratta. Ride lui, perché non sa che seduto dietro di me c’e’ Mickey Rourke, l’alcolista, equipaggiato con il barilotto di Saké sottratto ad un Tosa-Ken prima del combattimento. E’ avvolto in una giacca di montone rovesciato di vero sherling, un capo adattissimo al clima della stanza, e sragiona. Sarà per il caldo, sarà per il saké alla prugna, non so, ma oltre a quello deve aver svuotato una damigiana di cordiale. Ci investe con le sue elucubrazioni a 360° e la spigliatezza di Luca Giurato a Uno Mattina.
Ciò che gli sta più a cuore in questo momento, e’ il saké. Il maledetto saké. La grappa di riso.
Si rivolge alla platea con l’aria stordita di una quaglia sull’altopiano delle Ande e rinforza il concetto biascicando le labiali:
- Il saké va bevuto caldo, no?

Attacca la musica, la geisha pizzica le corde dello shamisen con dei finti artigli e il bonzo, contratto e madido di sudore, cerca l’ispirazione, nonostante il pizzicato sia più vicino all’arpeggio di un gatto siamese e mentre Mickey Rourke continua con il suo monologo sul saké.
Una pennellata decisa, quasi violenta, l’apice del momento creativo che l’ha portato sulla cresta della Sturm und Drang e’ lì sullo scroll di seta, color tamarindo, vigoroso e solido come una quercia.
E’ un momento bello. Un senso di armonia invade la stanza. Ah, misticismo, spiritualità, l’immagine del Buddha e i sui rotoli di grasso, i fiori di loto, lo feng-shui… mi sento già meglio, mi sento più leggera ma potrebbe anche essere l’effetto del saké. Quasi, quasi mi iscrivo ad un corso di yoga kundalini.
Zac! Una scarica elettrica mi riporta al presente. La geisha ha iniziato a cantare. E’ un elettroshock. Una pioggia di stalattiti sulla testa.
La sua voce e’ stata accordata su quella della Nannini con la tonsillite e i polipi peduncolati. Oh, mamma mia! Delle serie galline in fuga, mi precipito verso l’uscita capeggiando un gruppetto di sovversivi. Via dritta verso il massaggio shiatsu. Sulla porta una tizia con la carica sexy di Mafalda attende. Un bel sorriso sui denti sghembi e mi invita ad entrare. Ero venuta per questo, no? E allora, suvvia... lasciamoci accarezzare dalle mani de sto’ grifone.

Tuesday, November 14, 2006

CURRICULUM


Quando arriva il momento di riscrivere o aggiornare il proprio Curriculum Vitae ci si affloscia sulla sedia in cerca di ispirazione, ben presto sostituita da uno stato di prostrazione e disperazione che porta sulla via dell’alcol e degli antidepressivi.
Date un’occhiata a questo sito, sono sicura che potrete avvalervi di spunti interessanti. Magari, traducendola, ricopiare anche qualche frase ad effetto.

Sunday, November 12, 2006

FUTURWORD


Nikita in questi giorni si e' sentita particolarmente ispirata tanto da buttare giu' quattro righe per il concorso FuturWord. Se vi va, date un'occhiata qui.

Friday, November 10, 2006

PASSAGGIO A NORD-EST




Scordatevi Chinatown! E’ superata. Demodee'. Lo zoccolo duro della civiltà Ming si e’ trasferito in un luogo più adatto a soddisfare le mire di affermazione e di espansione geoeconomica. In effetti, non c’erano grandi possibilità di espansione schiacciata tra le boutique eleganti di Soho, il financial district e il quartiere In di Tribeca. Ora la vera Cina-citta’ si trova a Flushing, nel Queens, dove può, liberamente, mettere in atto il suo piano strategico per la conquista del mondo, capitanata da Ernst Stavro Blofeld sotto false spoglie. Lo spazio che si e’ accaparrata, e’ concretamente migliore, servito dall’aeroporto e dall’autostrada che permettono traffici leciti ed illeciti veloci.
Intanto per iniziare il mio giro perlustrativo della città, mi fermo subito per sperimentare una pasticceria cinese. Ecco, vi dico subito, che nella mente del cinese medio, entrato prepotentemente e inaspettatamente a contatto con il mondo occidentale e tutto quel ben di dio dei suoi usi e costumi, si e’ creata un po’ di confusione. Infatti, dolcetti, tramezzini, panini, bibite e pizza stanno tutti insieme sullo stesso display, tenuti a bada da una sentinella vestita con un’allegorica divisa da Colombina e l’occhio perfido di Jack Nicholson in Shining. Forse a livello di praticità ci sono dei vantaggi, certamente a livello di incassi sono pure maggiori.
Mi siedo al tavolo delle quattro comari di Shangai accessoriate in giada e dall’età’ indefinita ma, ad ogni modo, tutte con anno di nascita tra il Pliocene e il Miocene. Bevono tè verde, producendo un chiachericcio irriproducibile da qualunque apparato fonetico e sommerso dall’amabile effetto sonoro dei Boeing 747 in fase di decollo e atterraggio al LaGuardia che e’ lì, a due passi, giusto, giusto gli venisse malinconia di casa.
Mentre mi gusto il caffé, accompagnandolo con un delizioso dolcetto di fine pasticceria cinese, che sa di spugna sintetica e sapone di Marsiglia, arriva l’uomo di Hong Kong, un vecchio dall’eloquio facile, il lessico disastrato e la dentatura di mogano. Sto ancora cercando di capire che cosa volesse chiedermi. Bah! Ci vuole l’orecchio bionico per captare ed identificare certi fonemi. Camminando qua e là in questo nuovo mondo che ho scoperto, addormentandomi sulla metropolitana, mi sento animata dallo spirito avventuriero di Marco Polo e da una sete colossale che mi rende la lingua felpata. Intanto per la strada incrocio le giovani cinesi della generation X, con gli occhi ancora gonfi dopo la notte passata su www.fashion.net ad abbinare i capi d’abbigliamento giusti: canottiera, giarrettiere portate sui combat e stivali di pelliccia per esplorazioni sul pack artico sulle tracce dello Jeti in vacanza, capelli con variazioni tonali che vanno dall’arancio dorato con un pizzico di miele al melanzana profondo. Oddio! Cosa vedo! Il Fashion Mall. Qui non si scherza. Si fanno le cose in grande. Grandi magazzini in perfetto stile cinese.
Entrando si viene accolti da un delicato aroma di fogna che perseguita per tutta la permanenza e da un frizzante e solare pop cinese che arriva all’orecchio come un’otite.
Tra montagne di reggiseni e mutande colorate in acrilico al 100%, decorate con pizzo dai piacevoli effetti collaterali, come dermatiti pruriginose e scabbia, si intravedono le commesse pronte ad accoglierti con un’incoraggiante espressione d’orrore che ho scoperto, in seguito, essere un semplice cenno di saluto. Si prosegue tra le pantofole di peluche e mastodontici oggetti ornamentali plasmati dalle mani talentuose dei mastri artigiani con uno spiccato senso per l’orrido, per finire a cozzare con il naso tra scaffali pieni di pregiata gadgettisca firmata Hello Kitty e Winnie the Pooh.
Per la strada ci si imbatte, spesso, nei soliti botteghini di stampo medioevale che espongono presunta verdura e crostacei allo stato fossile il cui uso e’ sconosciuto a tutto il sistema solare.

Tuesday, November 07, 2006

AREA DI SERVIZIO



Siete a corto di carburante? Avete un buco nello stomaco da riempire? E’ il momento della sosta ai box. Bamn! Automat e’ il posto migliore dove affidare il proprio stomaco.
Questo fantasmagorico distributore automatico di cibo transgenico offre un’ampia gamma di prodotti opportunamente selezionati tra quelli più grassi e ricchi in polifosfati: hot dog, hamburger, pizza, maccheroni & cheese, panini con carne di porco, strisce di pollo fritte…e moltissime altre delizie per gole capricciose. Facilissimo da usare. Praticissimo per bisogni impellenti da soddisfare. Si inseriscono le monete nelle fessure corrispondenti alla teca con il cibo prescelto e…voilà lo sportellino si apre offrendo alle vostre mani l’opportunità’ di arraffare il contenuto e ingurgitarlo avidamente per strada, nell'attesa che scatti il semaforo per i pedoni o giù in metropolitana seduti sulle raffinate panchine di legno di balsa che diventano, in fascia oraria notturna, comodi divani letto per i barboni della città. Bamn! Automat e’ in grado di soddisfare tutti i gusti e velocizzare la pausa pranzo, che, diciamolo chiaramente, e’ una perdita di tempo, un intralcio alla giornata, un’interruzione inopportuna. Bamn! Automat e’ aperto 24 su 24 come tutti i distributori che si rispettino.
Quando c’e da fare il tagliando allo stomaco, fatelo nel posto giusto.

Sunday, November 05, 2006

FOLKLORE CASERECCIO






Anche se un po' in ritardo...un po' di Halloween!




































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Thursday, November 02, 2006

SI RICOMINCIA

Eh, si, lo so. Lo so bene. E’ un bel po’ di tempo che non mi faccio sentire. Mea culpa.
Da giorni non do notizie. Nemmeno un comunicato di servizio, due righe telegrafiche, niente. Zero.
Vi giuro che ho delle valide e fondate motivazioni che vanno a giustificare questa mia assenza dalla blogsfera: cambiamenti radicali.
Uno smottamento psicologico con effetti devastanti a livello fisico. Un tifone che ha divelto il mio microcosmo e mi ha sfiancata, insomma…ho cambiato casa. I guerrieri della notte in abiti da netturbini e l’associazione “Flamenco on your head”, mi davano qualche cerchio alla testa, ultimamente.
Ma veniamo al clou della storia. Mentre dirigevo, se così si può dire, i lavori dei traslocatori, lasciavo il mio computer acceso e pronto all’uso, con l’intenzione di aggiornare il blog nel momento più opportuno. Richiamata la mia attenzione da un giovane albino che trascinava alcuni scatoloni e rantolando mi chiedeva alcune delucidazioni sulla loro allocazione nel nuovo appartamento, non mi accorgevo che il suo compare, dalla gentile e graziosa foggia di Obelix il gallo, staccava e sigillava in una scatola il prezioso modem separandomi definitivamente dal mondo virtuale.
Così per alcuni giorni, fintanto che la società telefonica non e’ venuta a riinstallarmi le connessioni varie, mi son trovata tagliata fuori e sommersa da scatoloni.
Ora, però, mi rimetto in carreggiata. On the streets of NY again.

Ringrazio tutti per i commenti, le visite e le email. E’ stato bello leggervi dopo un periodo di black-out. A presto

Nikita