Wednesday, May 31, 2006

SIGNORI, SI PARTE

Devo proprio confessare che il cappuccino all’aeroporto non è male, voglio dire, c’è di meglio ma considerando che sto tornando alla base, è un bel ricordo per le papille gustative.
Eh, già, il tour europeo è terminato.
C’è da dire, però, che non mi mancheranno sicuramente gli strafalcioni di Luca Giurato e i maghi televisivi di Nostradamus channel, una congrega di vecchie affabulatrici con profonde crepe sul viso, capelli sciacquati in varechina e disfasia dilagante.
A livello musicale, poi, mi sento in dovere di segnalare i Mondo Marcio con le loro liriche piene zeppe di messaggi positivi, quasi un inno alla gioia soprattutto quella canzone il cui ritornello fa più o meno così: " Questa è la mia vita e non c’è nessuna via d’uscita". Un bel testo allegro non c’è che dire.
Bene, a questo punto vi saluto e non appena mi sarò ripresa dall’effetto jet-lag, vi sommergerò con nuove mirabolanti avventure.

Monday, May 29, 2006

BUONE NOTIZIE


Ciao a tutti!
Eh già, "Diario semi-serio di un ex Manager ritiratasi a NY" è finito sulle pagine di GLAMOUR, nella rubrica Internet News.
Grazie alla redazione di Glamour che mi ha scovata tra le migliaia di blog presenti nella blogsfera e grazie a tutti voi che mi leggete.

Sono ancora in tour ma presto rientrerò dal mio pellegrinaggio. Nikita è quasi pronta a riprendere la penna in mano...si salvi chi può!

A presto

Wednesday, May 24, 2006

UN RILASSANTE POMERIGGIO AL JFK

OK, niente panico. E’ solo questione di mantenere la calma, avere pazienza e sognare di essere già al di là dell’oceano a prendere un cappuccino schiumoso e una fetta di "Bread pudding" al Violet Café. Insomma non sarà poi così difficile, no?
La coda al check-in è lì, agghiacciante in tutta la sua concretezza reale e disumana. Inizia già all’esterno, al di fuori del Terminal e si snoda a mo’ di circuito di Adelaide all’interno. Davanti agl’occhi ho un ammasso di gente in sfolgoranti abiti e l’espressione inebetita dall’attesa. Chiudo gli occhi nell’assurda speranza che si tratti solo di un incubo, un effetto ottico, provocato, chessò, da un eccesso di caffeina, ingurgitata prima di prendere il taxi. Quando riapro gli occhi, l’ammasso di umani è ancora lì. Anzi sembra addirittura aumentato, come se, mentre distraevo la mente, altra gente fosse segretamente saltata fuori da valige e toilette. Ovunque volga lo sguardo, ci sono corpi dotati di zainetti da ferrata e tracolle che straripano che spingono bauli e trolley dalle rotelle cigolanti. Mi è già venuta voglia di un altro caffè ma naturalmente al JFK amano l’approccio spartano e fintanto che non esaurisci tutti i tuoi doveri di viaggiatore, non ti permettono neanche di sederti. I punti ristoro sono tutti oltre le barriere del controllo doganale e verso le 18.00 comincia il rito della chiusura, tanto per rendere il tuo soggiorno al Terminal piacevolissimo.
Quando finalmente arrivo al bancone del check-in, decisamente provata dall’esperienza, una tipa che sembra essere un tutt’uno con lo sgabello dove ha appoggiate le chiappe, dal capello unto e l’occhio porcino, comincia a scrutare con occhi goffi alla ricerca della mia prenotazione. Passa in rassegna la lista di nomi e cognomi e poi ricomincia da capo, allungandomi l’agonia, mentre io voglio un caffè, un maledetto caffè per scaricarmi dallo scheletro l’effetto sedia elettrica che mi ha accompagnata durante l’attesa.
Ce l’ho quasi fatta. Sto per varcare, eroica, i pannelli del metaldetector dopo aver riempito sette scatole di plastica con i miei possessi che stanno per sparire dentro il tunnel a raggi X, trasportate dal tapis roulant.
Il recupero delle mie proprietà richiede parecchio lavoro e intanto mi giunge all’orecchio quella cara vocina che dice che stanno già imbarcando il mio volo. Devo semplicemente "volare" al gate. Salta la pausa caffè, rimandata a bordo. Dovrò accontentarmi di quella brodaglia che sa di cicoria bruciata.
Ci siamo. E’ tutto pronto al decollo ma dopo mezz’ora siamo ancora fermi. Dopo un po’ il comandante annuncia che ci sono quindici Boeing 467 davanti al nostro e l’operazione di sgombero richiederà una quarantina di minuti. Era proprio quello che ci voleva, un bel ritardo di un’ora per riprendersi dallo shock della snervante attesa.

Thursday, May 18, 2006

TOUR

Forse vi stavate chiedendo dov’ero finita o magari no. Dunque, per soddisfare la sete di sapere di tutti quelli che si erano posti la domanda, la risposta è: stavo cercando di organizzare le mie valige in maniera diligente e razionale e naturalmente l’esperimento è stato ...fallimentare.
Eh, già, è arrivato il momento di ripartire. Nikita se ne va in trasferta per un po’ ma, connessioni permettendo, invierò notizie al più presto.
Lo so, son cose tristi da comunicare ma me ne vengo un po’ in Europa con tappa in patria, per fare qualche lacrimuccia con parenti e amici e poi tornare dritta, dritta nella Grande Mela.
Bene, ora devo proprio scappare. Corro all’aeroporto.
A presto

Monday, May 15, 2006

A PROPOSITO DI TENDENZE MODA…


Mentre aspettavo la metro negli oscuri sotterranei della città, teatro di misteriosi eventi e bizzarre conseguenze, mi capita di notare un tipo tra il losco e il faceto.
Indossava un completo da notte stile carcerato chic e una coppola alla Toto’ Riina, un paio di Ray-Ban da Top Gun e l’andatura molle e disarticolata di un rapper. Si muoveva continuamente, ora sistemandosi le borsette a tracolla, ora mettendosi a posto la casacca a strisce, quasi fosse affetto da corea di Sydenham e lasciando incustoditi i suoi possessi, infilati in una borsetta di Tumi, abbandonata sulla piattaforma a tre metri di distanza. Con gesti maniacali continuava a sistemarsi i pantaloni e le due scatoline di plexiglass che portava a tracolla. Barcollava qua e là come un invasato e intanto io mi riempivo la testa di domande: perché il treno non arriva? Perché a certa gente non infilano una bella camiciola con le maniche lunghe, lunghe da allacciare sul retro? Così tutta concentrata a risolvere questi quesiti, lo vedo avvicinarsi con l’andatura del molleggiato per recuperare le sue cianfrusaglie e mentre si china l’occhio mi cade su una delle scatole che portava a tracolla. La scatoletta, non più grande di una di quelle mini confezioni regalo di Ferrero Rocher, aveva un amabile ospite all’interno: un orrido esemplare di tarantola

nera e pelosa, nell’altra scatola la gemella. Un po’ sconcertata all’idea di dover viaggiare con quelle bestiole a bordo, mi allontano velocemente, per evitare, almeno, di condividere la stessa carrozza, non sia mai – penso – che gli animaletti abbian bisogno di sgranchirsi un po’ le zampe.
Nel frattempo l’attesa si prolunga e mi ritrovo sulla piattaforma con le gemelle Kessler in versione gothic-vamp e una stagionatissima olandesina. Le due matusa si aggiravano vestite completamente di viola, per un calamitoso effetto cattura-sfiga, ma portavano vistosi cappelli e borse rosse ornate di penne di struzzo finte, viola e rosse e lo sguardo meditativo del muflone sardo. Nel complesso, decisamente spaventose. L’altro soggetto affetto da demenza senile, era una serafica signora di mezza età dai capelli candidi come la neve, raccolti con due codini che le scendevano sulle spalle, occhialoni dell’Agente Pepper, borsa di pezza leopardata e culo di un elefante africano. In compagnia dell’allegra brigata attendo e finalmente sento lo stridolio che mi e’ familiare. Il treno arriva, entriamo tutti dentro, ci si accomoda sui piacevoli sedili di plastica unta e si attende la partenza. Nell’altro scompartimento, Spiderman e i suoi amici stanno creando momenti di scompiglio tra i passeggeri in preda all’aracnofobia. Alcuni cambiano carrozza, altri soffrono in silenzio dicendo il rosario. Stranamente i motori suonano come quelli di un piroscafo con le macchine a tutta forza ma siamo fermi. Il rumore e’ sempre più molesto e le vibrazioni danno una bella sferzata all’insorgere dell’osteoporosi ma non sembra esserci nessun segnale positivo riguardo la partenza. Passiamo quindici minuti arenati alla stazione di Prince st., poi dopo un via vai ininterrotto degli addetti alla manutenzione col giubbetto fosforescente, finalmente il convoglio si muove e riprendo la via verso casa.

Friday, May 12, 2006

SORPRESA!


Ecco una delle sorprese che si puo' avere il piacere di trovare parcheggiando l'auto in strada. No, non e' la mia.
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Tuesday, May 09, 2006

MCDONALD'S


Ronald McDonald’s se la ride a denti stretti. Dopo il duro colpo inferto dal film “Super Size Me”

, del regista Morgan Spurlock, alla catena che propina cibo-immondizia, un’altra batosta di dimensioni epiche si e’ abbattuta sul colosso degli hamburger transgenici. Walt Disney non ha nessuna intenzione di rinnovare il contratto che ha legato le due aziende per ben dieci anni. Niente più Happy Meal per il colesterolo. I chioschi e i ristoranti che infestavano i parchi divertimento dovranno essere rimossi e, ci auguriamo, sostituiti con qualcosa di più sano. La decisione e’ legata ad una presa di coscienza sulle implicazioni che gli alimenti venduti dai fast-food possono avere sulla salute di un essere umano.
Riportare il popolo sulla diretta via alimentare e’ un’impresa che richiede tempo, soprattutto perché e’ difficile rimuovere i dogmi che l’azienda dell’Illinois e’ riuscita ad inoculare con massicce campagne pubblicitarie, promozionali e azioni di crossing con altre aziende dal nome ridondante.
Miliardi di dollari sono stati spesi durante gli anni per pagare scrittori, coreografi, cantanti, attori, cameramen e per finire il media per eccellenza, la Tv, per assicurarsi che tutti quelli nati dopo l’anno 1900, venissero a conoscenza della sua esistenza e ne facessero luogo per pranzetti all’insegna del cibo ipercalorico e blandamente nutriente. Con la venuta della televisione e gli spazi dedicati alla pubblicità che negli anni si sono fatti sempre più invadenti, i serial-killer assunti al reparto marketing hanno deciso di puntare sulla fascia debole della popolazione e altamente influenzabile, i bambini, eleggendoli a target principale per le loro nobili azioni. Giochetti, parchi giochi, palloncini, pacchettini ben confezionati di cibo assassino gratis, un vero attentato alla loro salute e un bel taglio alla curva della speranza alla vita.
Eleggendosi come promotore per l’incremento di malattie come il diabete, l’obesità’ e tutte le malattie legate a problemi cardiaci, McDonald’s ha lavorato duro per ottenere brillanti risultati, e c’e’ pure riuscito.
Nel settembre 2002 l’azienda annuncio’ che avrebbe cambiato l’olio di cottura, optando per una miscela meno grassa e più sana, il cambio non e’ mai stato effettuato e nei circa 13.000 ristoranti presenti negli Stati Uniti, si continua ad usare il vecchio, caro oliaccio adatto più al motore di un camion che per friggere le patatine.
Dopo cause legali che sono costate un bel po’ di miliardi, il gigante dalla M dorata ha saputo cavarsela a meraviglia per restare sul mercato e portare avanti la sua missione per distruggere il fegato umano. Staremo a vedere, dopo il colpo inferto al basso ventre dalla Disney e un pugno perforante in arrivo da parte di “Fast Food Nation” film di prossima uscita tratto dall’omonimo libro in cui l’autore, Eric Schlosser, accusa McDonald’s di agire come i Talebani, quali saranno le nuove esilaranti invenzioni per incoraggiare e tonificare il processo di evangelizzazione sul regime alimentare a base di grassi, agenti chimici e carcasse di animali.

AGGIORNAMENTI

Purtroppo il mago Blaine

non ce l'ha fatta!
Dopo sette giorni in ammollo nella sua sfera di cristallo, l'uomo-pesce stava tentando di battere il record mondiale di apnea, schiacciato sul fondo della vasca da pesanti catene. Dopo 7 minuti e 8 secondi, lo staff di medici che lo seguiva dall'inizio dell'avventura ha deciso di tirarlo fuori e dargli ossigeno.

Monday, May 08, 2006

OGGETTI DI CULTO

Vedere gente curata e che si preoccupa del proprio aspetto, mi da’ ancora qualche speranza sul fatto che questo paese potrebbe anche evolversi verso forme di società più avanzate, il look potrebbe essere rivisto e il regime alimentare potrebbe essere cambiato radicalmente, tanto da permettere alle adolescenti di entrare nella taglia 48 senza trattenere il fiato. Mi chiedo, però, se il processo di modernizzazione e’ già iniziato e la gente passa più tempo davanti allo specchio, perché non attrezzarsi con gli strumenti necessari alla cura e all’igiene della persona direttamente a casa propria anziché usare i prodotti in vendita da Eckerd? Per esempio, se il signore con il baffetto ci tiene tanto alla sua capigliatura e vuole apparire senza alcun pelo fuori posto, potrebbe dotare la sua stanza da bagno con quella bella spazzola che ha in mano e che sta usando sull’unto dei suoi capelli brizzolati dalla forfora, acquistandola piuttosto che riporla sullo scaffale assieme alle altre. Senza nulla togliere all’iniziativa e alla creatività umana, la signora con i pantaloni neri e le scarpe in stile ortopedico, se non ha tempo di andare a farsi una manicure e non e’ ancora provvista di una lima per unghie, beh, credo sia proprio arrivato il momento, per lei, di fare l’acquisto, perché, mia cara signora, non e’ particolarmente igienico rimettere la limetta al suo posto e svanire come se nulla fosse e poi, mi scusi, perché, io cliente venuto dopo di lei, dovrei comprare roba di seconda mano al prezzo di quella nuova?

Sunday, May 07, 2006

AGGIORNAMENTI

Ieri sera l’uomo-pesce

era in splendida forma. Vispo come un delfino si divertiva a filmare i suo fan, accorsi a centinaia per vederlo sguazzare nella sua vasca. Non ha ancora sviluppato le branchie ma ci sta lavorando. Al momento si avvale di un boccaglio dal quale inala ossigeno.

Friday, May 05, 2006

AMERICAN GIGOLO


All’ultimo momento, ieri sera, mi trovo ad essere trascinata ad uno pseudo-party/evento mondano no-profit, show/raccolta fondi, insomma non c’ho capito granché, poiché, come al solito, qui sono tutti di fretta e non si capisce mai fino in fondo di cosa si tratta. Ad ogni modo la location era in un posto trendissimo di Tribeca. Per l’occasione mi infilo un paio di trendissimi sandali con plateau, made in Italy, con decorazioni floreali dall’effetto trita carne.
Con un po’ di ritardo e la lingua di fuori, come un Labrador che ha partecipato alla Maratona di New York, arrivo al party. Fuori sono stati stesi tappeti rossi e alcuni gladiatori con auricolare all’accoglienza. All’interno c’e’ una musica infernale, sembra più un party rave che un evento di solidarietà. Al bar si servono cocktail e giovani modelli servono assaggini mignon di cucina fusion gentilmente offerti da Gettyimages

l’organizzatore della serata.
Ad un certo punto la folla si riunisce. Tra le schiere femminili si evince una certa tensione, tutte che tirano il collo verso una zona illuminata e intanto trangugiano gin tonic dalle loro cannucce. Ovazione, gridolini, appare Lui, l’American Gigolo, l’uomo che ha infranto migliaia di cuori e pomiciato con le donne più belle dell’universo: Richard!
Richard Gere era l’acclamato ospite dell’evento. Ha buttato lì un discorsetto, per carità fatto bene e senza copione, di dieci minuti in cui ci ha snocciolato un po’ di disgrazie ed elencato il numero delle vittime causate da AIDS, tubercolosi e malaria con la precisione di un neurochirurgo e poi si e’ dileguato tra la folla che lo infestava di domande.
Devo dire che nonostante l’età’ e’ ancora prestante e piacevole. Capello candido, sorriso furbetto, appare tale e quale e’ nei film.
La cosa non si e’ protratta per molto ma grazie alla scelta oculata delle mie scarpe, e’ stata una lunga agonia.

Wednesday, May 03, 2006

L'UOMO DI ATLANTIDE


Vi ricordate “L’uomo di Atlantide”? Beh, e’ in città in questi giorni e pernotta in una sfera di cristallo riempita con 227 litri d’acqua al Lincoln Center.
L’uomo di Atlantide, che in questo caso non ha mani e piedi palmati, e’ al secolo David Blaine, il mago impegnato da anni in bizzarre performance oltre ogni limite, un incrocio tra Udini e i Fantastici 4. Tra le sue sfide si ricordano:
il soggiorno di una settimana sotto terra, 61 ore dentro un cubo di ghiaccio e l’ultima plateale rappresentazione che l’ha visto appeso per 44 giorni in una scatola sopra il Tamigi senza cibo.

Questa volta, sempre che l’operazione riesca e non si trasformi in una triglia al cartoccio, Mr Blaine ha progettato di starsene immerso nell’acqua per una settimana in compagnia del suo catetere, la maschera e il tubo per l’ossigeno. Allo scadere del settimo giorno, il mago uscirà velocemente dal suo liquido, per andare ad incatenarsi con ben 70 kg di portentose catene e ributtarsi nell’acqua. A questo punto, schiacciato sul fondo della vasca, rimarrà per altri 9 minuti, il tempo necessario per battere il record mondiale di apnea detenuto, al momento, dal tedesco Tom Siestas (si', lo so il nome non ha nulla di teutonico) con 8 minuti e 58 secondi ottenuto nel 2004.

Posso dirvi senza indugi, che oggi l’uomo-pesce stava bene e salutava con baldanza una piccola folla accorsa a curiosare. Alle sue spalle un’orchestra di giovani talenti intratteneva l’auditorio con pezzi di musica classica scelti casualmente tra le migliaia prodotte duranti i secoli.
Trattenete il fiato, vi darò notizie sull’epilogo di questa storia.
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Monday, May 01, 2006

IL SABATO DEL VILLAGGIO


Dal momento che il primo di maggio non si festeggia, quindi niente ponte e in generale niente ponti da queste parti, si lavora e basta e poi quando proprio si e’ all’estremo delle forze ci si prende un bell’anno sabbatico per scoprire come si e’ evoluta la società dopo anni di esistenza da pensionato, ad ogni modo – dicevo - niente festeggiamenti per il giorno dei lavoratori, week-end nella norma. Visto il ritmo serrato, durante il week-end si aspira a starsene in panciolle a meditare al passaggio delle nuvole e a sperimentare ricette della "nouvelle cuisine" nipponica. Così, per onorare il sacro rito del fine settimana, me ne stavo sdraiata sul mio super divano che dopo meno di un mese dall’acquisto ha cominciato a disintegrarsi, ma questi sono solo dettagli irrilevanti, insomma, me ne stavo sdraiata a godermi la brezza tiepida del primo pomeriggio. Mentre mi immergevo nella lettura di “Domande Zen”, improvvisamente, come un tuono che squarcia il cielo, vengo stordita da quello che sembra il segnale sonoro del Titanic, un suono lungo senza pause che scuote le sinapsi come fuscelli in preda ad un uragano. Dopo alcuni minuti di questo piacevolissimo trauma acustico, mi affaccio alla finestra per capire se sono le trombe che annunciano l'apocalisse o e’ il solito individuo dotato di un’intelligenza straordinaria.
Un simpatico omuncolo con la stessa stazza di King Kong e’ alla guida del mezzo, un’autoarticolato dalle dimensioni di un transatlantico, e non accenna a rilasciare la sua delicata manina dal clacson. Dopo circa tre minuti ininterrotti di esposizione del timpano alla piacevole melodia, un’ardito alla finestra grida al bisonte in canottiera, che se ne sta a sfumazzare in cabina assicurandosi di tenere ben premuto il clacson, di smetterla. Con fare molto rilassato, l’uomo di Neardental dalla fronte sfuggente osserva il suo auditorio di incazzati che lo stanno ad osservare dalle finestre e replica con squisita eleganza, da cui si evince il suo passato da studente ad Oxford: - e io dovrei restare bloccato qui? - e riprende imperterrito l’esecuzione di un pezzo rap per didgeridoo e corno doppio.
Intanto l’ostacolo, rappresentato da un anonimo furgoncino bianco, non accenna a defilarsi lasciando il gentile camionista, improvvisatosi musicista, ad allietarci con tutto il suo repertorio. Che angelo!
Mi sa che dovrò rinunciare al mio pomeriggio di relax - penso. Leggermente tesa, abbandono il soffice sofà e me ne vado in cucina a cercare qualcosa di commestibile. Devo ancora capire bene come funziona il legame tra nervosismo e fame atavica ma e’ un meccanismo che si innesta frequentemente. Aprendo il frigorifero oltre a adocchiare il mio target, lo yogurt greco, noto una scatoletta di plastica di cui mi ero totalmente dimenticata da un pezzo. Oibo’! Delle uova, delle fragili uova di media misura, abbandonate lì senza nessun progetto futuro.
Splash!
Bersaglio colpito al primo tiro.
Sul cofano caldo, l’amico impaziente dall’aplomb inglese ha ora la possibilità di fare colazione con un bell’uovo al tegamino. E non parlo di uova comuni, ma che scherziamo! No, trattasi di uovo biologico accertato, prodotto da polli ruspanti che scorazzano liberi nell’aia, beccando erbetta e grano saraceno, con tanto di marchio e certificato d’origine. Roba di lusso.
Ora, viste le sue nobili origini e il ciclo di studi a fianco del principe William, posso dirvi che non ha apprezzato il “colpo di spirito” che ha colpito il suo mezzo e soprattutto la sua sensibilità. Mentre il furgoncino bianco ripartiva sgommando, il bisonte in canottiera ha espresso tutto il suo rammarico sulla faccenda enunciando un vasto repertorio di obiezioni appreso durante il suo soggiorno ad Oxford e rimettendosi al clacson ma finalmente lasciando la zona.