L’hip-hop e’ in difficoltà. Ha perso il 20.7 % sulle vendite del 2006 rispetto al 2005. Oddio. Ma e’ pazzesco. Sono assolutamente turbata. Non so se riuscirò a lavarmi i denti. No, dico sul serio. Voglio dire, magari mi passo solo il filo interdentale. No, voi ridete ma e’ una cosa seria. Nessuna di quelle facce angeliche con i denti di metallo e i pantaloni col cavallo basso per contenere le feci, e’ finita nella top-ten quest’anno. Che tragedia. E poi dicono che spacciano. Embe’, devono pur sopravvivere sti’ poracci. Hanno una certa stazza da mantenere. E poi e’ gente di classe, abituata ad un certo stile di vita. Quando non sono in cella, rapinano i supermercati. Solo cose fatte bene, con tanto di armi e un eloquio convincente, ma solo per questioni di sicurezza. A loro piace che le azioni intraprese vadano a buon fine. Sono dei perfezionisti.
Era un po’ di tempo, infatti, che notavo una certa carenza di pezzi hip-hop alla radio e non perché fossi io a cambiare canale. No, non mi pare. Insomma, d’ora in poi ci toccherà ascoltare musica classica, che noia, con tutte quelle variazioni o ancora peggio il jazz imbottito di ghirigori melodici. Al massimo il rock. Vi immaginate la domenica mattina passata a frustare vigorosamente i neuroni al suono dei Morphine o guidare accompagnati dai Belle & Sebastian? Atroce.
Bisogna fare qualcosa. Non so, indire uno sciopero. Del tipo niente McDonald’s per un mese. E’ troppo? Facciamo quindici giorni.
Alt! Non fasciamoci la testa prima di romperla. C’e una flebile speranza. Dicono, sembra, la stampa rumoreggia che stia prendendo piede un genere affine, attualmente confinato alla West Coast: l’HYPHY (si pronuncia Hi-Fee). Un genere delicato dal ritmo maniacale, in cui l’artista si esprime in un inglese immacolato ed elevatissimo, quasi letterario e si esibisce in una danza disarticolata e improvvisata, indossando abiti logori, selezionati, appositamente, da una troupe di specialisti con gravi disturbi psichici e in cura intensiva.
Secondo gli esperti, questo nuovo filone musicale ha un potenziale elevatissimo, specialmente perché la gente e’ in attesa di qualcosa di nuovo che faccia veramente sballare. A confermare l’importanza di questa scoperta, c’e chi dice che si tratta, non solo di un nuovo “sound” ma, addirittura, di una nuova cultura fondata sull’uso e lo spaccio di ecstasy, ma questo e’ irrilevante. Insomma, sono sciocchezze. E che dire dell’acid rock degli anni ’60, allora? Si sa, e’ una cultura appena nata, costituita da giovinastri che non avendo nient’altro da fare nella vita, fanno gli assaggiatori di pasticche.
Potrete allietare le vostre orecchie abbandonandovi all’ascolto di un saggio, seppur breve, di questo pregevole ed innovativo movimento musicale, ciccando qui.
Vi suggerisco di sistemarvi in un posto comodo, magari il divano o ancor meglio il letto e soprattutto privo di intrusioni sonore che potrebbero alterare la complessa struttura musicale di questi brani e inficiare l’efficacia rilassante della linea melodica, rischiando di perdere certi effetti sfumati, sicuramente degni di nota. Ah, dimenticavo, staccate il telefono.